La guerra che si sta consumando da oltre due mesi tra Russia e Ucraina entra, come mostrano i dati NielsenIQ , anche nel carrello della spesa che diventa più sobrio. Un nuovo shock, dopo la pandemia, che inizia ad avere le prime ripercussioni sulle modalità di acquisto. Il consumatore in questi tempi incerti diventa più cauto, razionale e prudente. Se può si concede ogni tanto il lusso del cibo fuori casa, non rinuncia agli acquisti domestici, ma si limita a ciò che può permettersi, è attento al rapporto qualità-prezzo e va alla ricerca di prodotti di cui si può fidare.
Dietro le quinte c’è uno scenario che ancora una volta cambia. Con il conflitto in Ucraina i prezzi delle materie prime hanno registrato nuovi aumenti causando difficoltà di approvvigionamento e una fiammata dell’inflazione, che a marzo ha raggiunto un tasso del 6,5%, il livello record dal 1991 e ad aprile, secondo le stime preliminari dell’Istat, dovrebbe attestarsi al 6,2 per cento. «Stiamo vivendo una situazione che non ha riferimenti storici, è un fenomeno inedito», dice Albino Russo, direttore generale dell’Associazione nazionale cooperative di consumatori (Ancc Coop) e responsabile dell’ufficio studi Coop. «Oggi – fa notare – si mescolano due tendenze che hanno un impatto sui consumi: la fine del distanziamento sociale e l’evento nuovo e destabilizzante della guerra». Gli italiani sono tornati a mangiare fuori. Prova ne sono le vendite cash and carry della ristorazione all’ingrosso – fa notare Russo – aumentate del 61% a marzo rispetto a un anno prima. «Se nel 2021 rispetto al 2019 – afferma – le vendite nella Gdo sono cresciute del 4,7% circa in valore nel 2022 ci attendiamo un calo dell’1,5% dei volumi degli acquisti dovuto proprio alla maggiore propensione a consumatore il pasto fuori casa».
Nel frattempo, però, è esploso il conflitto. La prima reazione, spiega, «è stata quella di micro-accaparramenti per fare scorte di cibo, ma è stato un fenomeno di breve durata. Adesso emerge soprattutto la preoccupazione e chi è preoccupato pone un margine agli acquisti. Si scivola verso il discount e si compra solo quello che ci si può permettere».
Qualche indizio? Nei primi tre mesi del 2022 i top brand hanno registrato un calo delle vendite del 4,1% mentre le marche dei distributori sono cresciute dell’1,9% e quelle dei piccoli distributori dell’1,3 per cento. E inevitabilmente la nuova spirale di inflazione porterà a un aumento dei prezzi sugli scaffali. «I contratti nella Gdo – afferma Russo – di solito vengono chiusi nei primi mesi dell’anno, ma alcuni produttori hanno già chiesto di ritoccare i listini. Nei prossimi mesi assisteremo sempre più al cosiddetto downgrade del carrello. Il consumatore si adegua ai rincari facendo la propria spending review e ristruttura la spesa sulla base del proprio budget». Da parte loro, invece, alcuni produttori riducono le confezioni mantenendo lo stesso prezzo. È il fenomeno della shrinkflation o smarginatura.
La nuova parola d’ordine sarà prudenza o cautela. Del resto una recente indagine di NielsenIQ parla chiaro. Il Covid ha modificato profondamente la capacità e i comportamenti di spesa, tanto che il 20% dei consumatori ha cambiato le proprie priorità. Non solo. La pandemia ha lasciato in eredità cinque profili e tra questi la categoria più rappresentata oggi è quella dei “cauti”. Sono il 52% del totale nel nostro Paese contro il 38% a livello mondiale. Non hanno avuto alcun impatto finanziario dal Covid, ma stanno cercando di capire che cosa succederà. Fare previsioni sulla crisi ucraina e sulle sue conseguenze sulle modalità di consumo è difficile, ma secondo Nielsen IQ la spesa legata alla casa sarà il trend del 2022. Gli acquisti sono guidati dalla ricerca di qualcosa di cui ci si fida ed è sostenibile, come la filiera controllata, legata alla salute e al benessere.
Se comprare dall’estero diventerà sempre più costoso per il rincaro dei prezzi dei trasporti e degli imballaggi la spesa a chilometro zero potrebbe rivelarsi più economica e sicura al tempo stesso. Si cerca la convenienza, ma il costo non è mai dissociato dalla qualità. Il 43% dei consumatori prudenti valuterà l’acquisto di marche in promozione ponderando attentamente i pro e i contro. L’11% potrebbe cambiare se il prezzo del brand preferito dovesse aumentare.