Con il conto della manovra di bilancio del 2016 che sale, proiettandosi verso quota 25 miliardi di euro, rientra in gioco la revisione delle spese fiscali, cioè la messe di agevolazioni, sconti e regimi tributari di favore. Le “tax expenditures”, un pozzo di denaro che vale 160 miliardi di euro l’anno, sono da tempo nel mirino di tutti i governi che si sono succeduti, da Berlusconi, a Monti, a Letta, a Renzi. Tutti hanno pensato di ridurle, ma nessuno l’ha fatto. Anzi, il paradosso è che gli sconti aumentano.
Da una parte il governo pensa al loro sfoltimento perché costano, ma anche perché è difficile valutare il loro beneficio sull’economia, dall’altro ne concede di nuove, come lo stesso bonus di 80 euro, che contabilmente figura come una spesa, “fiscale” appunto. Fatto sta che dal 2011, cioè da quando si è cominciato a parlare delle “tax expenditures” a oggi, sono stati abrogati solo 9 regimi fiscali speciali, ma ne sono stati concessi, secondo il ministero dell’Economia, altri 35. Il censimento aggiornato ieri dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, ne conta la bellezza di 282 a carico diretto del bilancio dello Stato, su cui pesano nel 2015 per 161 miliardi di euro.
Un tesoretto fin qui scampato alle forbici, che il governo Renzi ora dice di voler aggredire. Anche da qui dovrebbero arrivare le coperture per la massiccia manovra di riduzione delle tasse (5 miliardi nel 2016, 15 nel ‘17 e altri 15 nel ‘18) annunciata dal governo e che, secondo il Financial Times, potrebbe creare qualche preoccupazione a Bruxelles.
L’Ufficio di Bilancio ha suggerito di cominciare dagli sconti settoriali, che rappresentano il 20% del totale, che appaiono come «sussidi impliciti» a determinati settori e gruppi di interesse. Ma ha anche indicato una strada possibile per sfoltire detrazioni, deduzioni e sconti a valere sull’Irpef, che valgono quasi 100 miliardi l’anno.
A parte le detrazioni da lavoro dipendente, l’esenzione per la prima casa e le detrazioni per le spese sanitarie, usate da moltissimi contribuenti, il resto delle agevolazioni ha una diffusione minima. Solo il 30% beneficia di detrazioni per i carichi familiari, appena il 10% delle agevolazioni per il recupero edilizio e le assicurazioni vita, mentre tutte le altre agevolazioni riguardano appena l’1-2% dei contribuenti. E quasi sempre i più ricchi.
«L’agevolazione media per contribuente – afferma l’Ufficio di bilancio – risulta più elevata per la classe più ricca per la quasi totalità delle spese fiscali, con esclusione delle detrazioni da lavoro e per canoni di locazione». Per di più alcune di questi sconti fiscali non hanno neanche un effetto positivo in termini di equità. Mentre le detrazioni sugli affitti, quelle per lavoro e pensione, per i carichi familiari, e le spese sanitarie incidono sul reddito dei più poveri in misura doppia rispetto ai ricchi, in altri casi succede esattamente il contrario. Le cedolari secche sulle locazioni, le erogazioni ai partiti politici e la deducibilità dell’assegno al coniuge, sottolinea l’Ufficio di Bilancio, hanno un effetto negativo sulla redistribuzione. Avvantaggiano i ricchi, dunque, in misura maggiore di quanto non facciano per le classi di reddito più deboli.
Mario Sensini – Il Corriere della Sera – 22 luglio 2015