Il contesto aiuta. La ripresa dell’economia italiana comincia a mostrarsi più solida, come del resto capita anche in un numero sempre più ampio di Paesi, ma i giovani sembrano non beneficarne. A fare da sfondo è una crescita dell’economia globale che nel secondo trimestre ha raggiunto il suo picco dal 2010. È in questo scenario che il Centro Studi di Confindustria rivede al rialzo la stima del Prodotto interno lordo per il 2017. La previsione per l’anno in corso indica un aumento del Pil dell’1,5% e dell’1,3% nel 2018. Dati entrambi ritoccati al rialzo dello 0,2% rispetto a quanto predetto tre mesi fa da Viale dell’Astronomia. La stima più generosa, peraltro in linea con quella accreditata dal ministero dell’Economia nei giorni scorsi, discende secondo il Centro studi diretto da Luca Paolazzi dal buon andamento del secondo trimestre. Un segnale positivo arriva dagli investimenti delle imprese che si mostrano dinamici, rafforzando la congiuntura e ampliando la capacità produttiva.
Le fondamenta, insomma, per aumentare il potenziale di crescita. «L’Italia è agganciata alla ripresa mondiale e le esportazioni sono la componente più dinamica della domanda» spiega l’analisi intitolata «Le sfide della politica economia». Alla rassegna di una serie di indicatori confortanti, tra gli altri il recupero del settore manifatturiero e la creazione nell’ultimo triennio di 815 mila posti di lavoro, Confindustria abbina un elenco di fattori di debolezza che continuano a contrassegnare l’economia italiana, con tanto di relative sfide da affrontare.
La più gravosa è quella della bassa occupazione giovanile, un «vero tallone d’Achille del sistema economico e sociale italiano». Le cifre sono spietate: i giovani occupati in rapporto alla popolazione di riferimento risultano essere, secondo l’età, tra il 10 e il 17% in meno rispetto alle media dell’area euro. Tradotto significa assistere a tassi di emigrazione crescenti, che generano ormai «un’emorragia» di capitale umano calcolata in 14 miliardi di euro, ossia quasi un punto di Pil all’anno. Sono 51 mila gli under 40 emigrati all’estero nel 2015, in continua crescita dai 21 mila del 2008.
L’altra sfida ricordata da Confindustria è l’esigenza di mantenere una traiettoria di robusta crescita, poiché il terreno perduto nell’ultimo decennio ha creato un divario enorme tra l’Italia e il resto dell’Ue. Basti dire che proprio il Pil dell’area euro (Italia esclusa) rispetto al 2000 è cresciuto del 24,4% mentre quello italiano è inchiodato allo 0,8%. Ragione che spinge il numero uno di Viale dell’Astronomia, Vincenzo Boccia, a ribadire la necessità di «fare diventare la crescita strutturale, siamo all’inizio di un’inversione di tendenza, non dobbiamo fare errori». Uno dei timori più diffusi riguarda, non a caso, la perdita della spinta riformatrice, complice l’imminenza delle elezioni politiche.
Una preoccupazione condivisa dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, quando ricorda: «Il ritorno alla normalità nasconde il rischio dell’acquiescienza, cioè pensare che il più sia fatto e che l’economia sia tornata ai livelli pre-crisi come se nulla fosse accaduto». A imporre di non abbassare la guardia è la mole del debito pubblico che, come ricordato nell’analisi di Paolazzi, va «incanalato» per scongiurare che gli investitori, in previsione di minori acquisti da parte della Bce, perdano fiducia. Confindustra stima che nel 2018 il debito inizi a «ripiegare rispetto al Pil». E Padoan rammenta che la nota di aggiornamento al Def (Documento di economia e finanza), conterrà segnali rassicuranti fronte del debito e del deficit. Nell’attesa le cifre le fornisce Confindustria, indicando il rapporto tra debito e Pil a quota 132,6% nel 2017 e al 131,8% nel 2018. La stima sul deficit è rivista al ribasso, pari al 2,1% della ricchezza prodotta per l’anno in corso, mentre il dato tendenziale sale al 2,4% nel 2018. In lieve calo la pressione fiscale: 48% del Pil alla fine del 2017 e 47,5% l’anno prossimo mentre nel 2009 era al 49%. Sul versante del lavoro va detto che la crescita degli occupati si inquadra in un contesto dove le retribuzioni reali nel 2018 saranno dello 0,9% al di sotto del 2007; mentre il Pil per abitante segnerà ancora -7,2%.
Andrea Ducci