Dagli anni Ottanta si parla di un soffitto di cristallo che blocca le carriere femminili. Bene: oggi questo soffitto mostra le prime crepe. A prenderlo a picconate, un sempre più folto gruppo di donne giovani e determinate. Aiutate — e questa è la sorpresa — dalla Grande Crisi prima ancora che dalla legge sulle quote rosa.
Il vero paradiso per le donne dotate d’ambizione di questi tempi si chiama pubblica amministrazione. Come dimostra uno studio dell’Ocap — l’Osservatorio sul cambiamento delle amministrazioni pubbliche della Sda Bocconi — le dirigenti sono aumentate negli ultimi sei anni del 24,5% nei ministeri, del 20,3% nelle regioni (escluse dal monitoraggio quelle a statuto speciale), del 17,5% nelle province, dell’11,9% nei comuni. Il risultato è che nei ministeri le pari opportunità della carriera sono a un passo: le donne dirigenti sono già quattro su sei.
Ma anche nel privato molto sta cambiando. Dati Inps elaborati da Manageritalia (associazione dei dirigenti dei servizi) dicono che nel settore privato, tra 2008 e 2012, le donne dirigenti sono aumentate del 16% proprio mentre gli uomini diminuivano del 5%. Fuori i maschi, dentro le donne. Che oggi sono diventate il 14,5% del totale dei dirigenti (cinque anni fa erano il 12%, e negli anni precedenti i progressi erano sempre arrivati con il contagocce).
Ovvia la soddisfazione delle signore in carriera. «Ora che le donne sono di più speriamo che le aziende si accorgano del loro valore», interviene Marisa Montegiove, a capo del gruppo donne manager di Manageritalia. Ma come mai questo balzo in avanti? «Nel caso dei dirigenti la crisi ha accelerato il ricambio generazionale. Non dimentichiamo che dal 2008 a oggi questi professionisti sono stati licenziati a colpi di diecimila l’anno. Di conseguenza sono entrati i giovani, tra cui molte signore», fa notare Fabio Ciarapica, senior partner di Praxi, società che si occupa di ricerca del personale.
Questo ricambio è avvenuto più forte nei servizi che nell’industria. Più nelle posizioni di staff (amministrazione, marketing, finanzia e controllo, gestione del personale) che in quelle di linea (funzioni legate alla produzione, direzione commerciale). «Aggiungerei: più nelle grandi aziende che nelle piccole», si inserisce ancora Ciarapica.
Ma non sarà che le donne, pur di accedere a quanto fino a ieri era loro precluso, sono disposte ad accettare incarichi complessi senza fare le difficili sullo stipendio? «Beh, il dubbio è venuto anche a noi. Il fenomeno va analizzato con attenzione per comprenderlo in ogni aspetto», risponde Montegiove.
Tornando al boom delle signore ai vertici della pubblica amministrazione, la lettura del cambiamento per il prorettore dell’università Bocconi, Giovanni Valotti, deve essere positiva: «Il bilanciamento di genere è sempre una buona notizia — attacca Valotti —. Certo, sappiamo poco del contenuto del lavoro di questi dirigenti. Alcune indagini ci fanno sospettare che ce ne siano tanti, forse troppi, che in realtà svolgono il lavoro dei funzionari. E poi i meccanismi di selezione tutti basati sui concorsi rischiano di non essere efficaci».
Insomma, un cambio culturale è in corso. Ma non possiamo essere certi fino in fondo che i progressi nell’equità tra i generi siano anche il segnale di una maggiore meritocrazia.
Rita Querzé – Corriere della Sera – 16 febbraio 2014