Fino a pochi giorni fa, la Francia si apprestava a diventare il primo paese in Europa a vietare il termine “hamburger vegetale” come abbiamo riportato in un’articolo non molto molto tempo fa (Meat Sounding: la Francia dice no con un decreto).
Risultato? non ci è riuscita. Niente da fare, dunque, per il decreto secondo cui “non sarà possibile utilizzare la terminologia propria dei settori tradizionalmente associati alla carne e al pesce per designare i prodotti che non appartengono al regno animale”.
Il testo avrebbe reso effettiva l’applicazione dell’articolo 5 di una legge del 10 giugno 2020, relativa alla trasparenza dell’informazione sui prodotti agricoli e alimentari. A mettersi di traverso, però, sono state associazioni e imprese del settore “vegetale”, prima fra tutte Protéines France: l’associazione che riunisce diversi attori che lavorano con le proteine vegetali ha, infatti, introdotto un “référé-suspension” sul decreto, ossia una procedura d’urgenza per chiederne la sospensione.
Mercoledì scorso è arrivata la decisone siglata dal Consiglio di Stato, la più alta giurisdizione amministrativa francese che ha accolto la loro richiesta. Per il momento, dunque, il decreto è solo stato sospeso, e il Consiglio dovrà pronunciarsi nei prossimi mesi in merito.
“È una prima tappa positiva, ma vedremo cosa succederà in seguito -spiega Christophe Rupp-Dahlem, presidente di Protéines France-. Quando un termine indica semplicemente una forma, come ad esempio salsiccia, e non è legato a un’origine animale, dovrebbe poter essere utilizzato anche per prodotti vegetali”.
Non la pensano così i rappresentanti dell’industria della carne: la Federazione nazionale bovina, per esempio, si è dichiarata “sbalordita” e denuncia una “provocazione alle filiere dell’allevamento”. Le imprese del settore, non non si danno per vinte, anzi: per l’Inaporc, l’Interprofessione nazionale porcina, ad esempio, questo decreto sarebbe solo una “prima tappa nella protezione delle denominazioni tradizionali delle ricette a base di carne” in Francia ed è arrivato il momento di “allargare questa misura a livello europeo”.
“Si tratta di una legge voluta esclusivamente dall’industria della carne – ribatte Florimond Peureux, presidente dell’Onav, l’Osservatorio nazionale dell’alimentazione vegetale che informa i professionisti della salute e della politica sugli effetti dell’alimentazione vegetale sulla salute – .
Neanche le associazioni dei consumatori hanno mai rilevato problemi nelle denominazioni hamburger o salsiccia vegetale. Il 100% delle domande dell’industria della carne sono state soddisfatte, mentre l’insieme delle domande formulate dall’industria vegetale sono state cancellate con un colpo di spugna”.
Secondo Peureux e la sua associazione, denominazioni come “hamburger” o anche “carpaccio vegetale” sono ormai entrate nel linguaggio comune e non rappresentano un inganno per il consumatore, bensì un’agevolazione a trovare e preparare i prodotti.
Se l’approvazione del decreto rappresenta una “vittoria delle lobby della carne”, dice il manager, la sua applicazione sarebbe in realtà piuttosto limitata, in un contesto in cui il commercio delle alternative vegetali continua a svilupparsi: si parla, infatti, di un 27% di crescita delle vendite negli Stati Uniti e in Europa nel 2020, secondo uno studio Xerfi.
Secondo il testo, infatti, i prodotti “legalmente fabbricati o commercializzati in un altro Stato membro dell’Ue o in Turchia, o legalmente fabbricati in un altro Stato che faccia parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo” non sarebbero sottoposti al decreto.
Fonte: Circuits Bio Magazine
La Francia retrocede sul decreto che vieta il nome “hamburger vegetale”