L’Istat fotografa il 2013, tra invecchiamento e povertà Ma per il 2014 si annuncia una possibile ripresa. Niente lavoro, niente figli: la crisi ha trasformato l’Italia nel paese dei trentenni a spasso e delle culle vuote. Si vive più a lungo, ma con sempre meno bambini in famiglia: negli ultimi cinque anni ci sono state 64 mila nascite in meno e il 2013 ha segnato un nuovo record negativo, i bambini registrati all’anagrafe sono stati solo 515 mila, ancor peggio del già desolato minimo storico del 1995 (527 mila nascite).
A cinquant’anni esatti dal picco massimo (il milione e 35 mila della classe 1964) la natalità si è dimezzata. Dunque siamo fermi, la recessione è finita, ma non ce ne siamo accorti: ce lo dicono i dati dell’ultimo Rapporto annuale Istat. Numeri che mettono assieme calo demografico e disoccupazione giovanile e che spiegano come, a lungo andare, non c’è rete familiare che tenga: se le nuove generazioni non raggiungono l’indipendenza economica il paese va in stallo.
In Italia, infatti ci sono 6,3 milioni di persone senza lavoro e la povertà avanza, soprattutto al Sud e nelle famiglie più giovani. Ma la generazione degli under 35, quella che oggi dovrebbe pensare a far bambini è particolarmente sotto tiro: il rischio di diventare povero è tre volte più alto della media. Fra di loro, nel periodo 2008-2013 oltre 1,8 milioni di persone ha perso il posto di lavoro.
A trainare l’economia familiare spesso restano solo i nonni: negli anni della crisi il potere d’acquisto medio è sceso del 10,4 per cento. Gli unici ad aver mantenuto stabile il livello di vita, al di là dei bassi assegni, sono stati proprio i pensionati, che hanno potuto contare su entrate stabili.
Per il 2014, in termini di Pil, ci sono segnali di «moderata» ripresa, fa notare l’Istat, «ma il Paese dovrà valutare correttamente i punti di forza e di debolezza».
Repubblica – 29 maggio 2014