Un notaio dichiara un reddito medio di 280mila euro, un tassista di 14mila, un commerciante di elettrodomestici ne guadagna, per il fisco, 10mila e un commerciante di scarpe 7mila euro l’anno. Nella lunga strada che separa queste categorie c’è di tutto.
I redditi dichiarati dai soggetti che applicano gli studi di settore nel 2010 (in media 26.500 euro, 38.700 per i congrui e 13.900 per i non congrui) riservano come al solito molte sorprese e i dati relativi alle dichiarazioni 2010, riferiti all’annualità d’imposta precedente, lo confermano. In molti casi si nota un salto molto rilevante tra i ricavi o compensi, soprattutto per i soggetti congrui e coerenti rispetto ai risultati di Gerico: fra ricavi e redditi la cifra si abbatte notevolmente. Un dato che è ovviamente giustificato dalla redditività del settore di riferimento, ma anche dai meccanismi fiscali di abbattimento del reddito.
Rispetto ai tassisti non se la passano molto meglio i baristi, per esempio, che guadagnano poco più di 15mila euro l’anno, gli agenti immobiliari che si fermano a 17.900 euro annui e i benzinai che, poi, di euro all’anno ne guadagnano 17.600. Ai tempi di Internet e della fotografia digitale fai-da-te va decisamente peggio ai fotografi e agli agenti di viaggio, che hanno dichiarato redditi per 11.900 e 11.400 euro nell’anno passato: meno di mille euro al mese. Attività decisamente “precarie”, almeno per l’importo dei redditi prodotti.
Una situazione di maggior benessere dichiarato si riscontra per i consulenti finanziari che, nonostante l’anno della crisi, hanno superato i 43mila euro. Tra i professionisti gli avvocati si sono attestati su redditi di 46mila euro circa, i commercialisti e i consulenti del lavoro hanno guadagnato in media più di 49mila euro, mentre gli architetti hanno guadagnato 27.300 euro e gli odontoiatri quasi 46mila. Messi bene i farmacisti, forse anche grazie alla tracciabilità delle loro operazioni, con 107mila euro l’anno.
Trattandosi di dati “medi” che danno conto di soggetti che stanno nel centro di grandi città come nel più remoto dei paesi di montagna, i numeri vanno comunque considerati nel loro grado di approssimazione, anche se i dati presi in considerazioni sono già scremati dei soggetti “minimi”, con ricavi o compensi inferiori ai 30mila euro. In questo modo si tratta della fascia “ordinaria” di soggetti che applicano gli studi.
Un dato molto importante è quello della differenza tra i soggetti congrui (anche per adeguamento) e quelli che non lo sono. Anche tra i notai, una delle categorie in assoluto più controllabili tra quelle soggette agli studi, si nota questa differenza e così i congrui dichiarano 303mila euro di reddito l’anno, mentre i non congrui 141mila; questo dato va forse messo in relazione con il crollo delle compravendite immobiliari, che di certo ha inciso pesantemente sul fatturato di chi non esercita in città medio-grandi. Tra gli avvocati si va dai 73.400 di reddito dei congrui ai 39mila di coloro che non lo sono. Notevole è il caso dei laboratori di analisi: con un attivo di 31mila euro se congrui e una perdita di 20mila euro se non sono congrui. Colpisce, infine, il dato degli amministratori condominiali e immobiliari: anche considerando le società ed enti ne vengono contati 12.951, la metà di quanti le maggiori associazioni di categoria indicano come esercitanti la professione.
Non è un caso se le ultime manovre finanziarie hanno previsto premi per coloro che sono congrui agli studi di settore anche in termini di “protezione” dagli accertamenti attraverso il redditometro, con la necessità di soglie più alte di differenza tra attribuibile e dichiarato per fare scattare l’accertamento.
Anche se i dati di alcune categorie non sembrano obiettivamente giustificabili, non va dimenticato che, nel complesso, negli anni gli studi di settore hanno portato a una decisa emersione di base imponibile. Per cui al di là del numero di controlli che si riesce a fare utilizzando Gerico, c’è stata una significativa operazione di recupero.
Ilsole24ore.com – 17 gennaio 2012