«Le nuove schede ospedaliere premiano la sanità privata a scapito di quella pubblica e non fanno i conti con l’invecchiamento della popolazione e con quelli che saranno i bisogni di sanità dei prossimi anni: chiudono le lungodegenze ma non attivano ancora le strutture intermedie»: su queste considerazioni si sono incrociate le posizioni della Cgil e dell’associazione dei medici ospedalieri Anaao Assomed, convocate ieri per l’audizione in Commissione Sanità del Consiglio regionale. LE CRITICHE DELL’ANAAO. Il segretario regionale Anaao Adriano Benazzato ha sintetizzato in quattro punti le criticità delle nuove schede: il minimo comune denominatore dei rilievi che muove l’associazione sindacale dei medici sta nello sbilanciamento verso le strutture private. In particolare l’Anaao segnala un significativo incremento dell’apporto delle strutture a gestione privata accreditata sia come numero di strutture – da 25 a 27 – che come posti letto, con un incremento da 2.869 a 3.702: «I posti letto per acuti nel privato aumentano di 883 unità» rileva Benazzato, mentre il pubblico ne perde 816». A fronte di un taglio complessivo di 714 posti letto per acuti, l’Anaao legge come anomalo il significativo incremento degli stessi in dotazione alle Aziende universitarie di Padova e Verona a scapito degli ospedali delle Usl: «C’è un aumento di 390 posti per acuti da una parte» sottolinea Benazzato, «e una diminuzione di 1.172 posti dall’altra. Ma la mission delle Aziende miste universitarie è erogare prestazioni non l’integrazione ospedale territorio. Un esempio eclatante di questo errore programmatorio è la dismissione a Padova dell’ospedale Sant’Antonio con la riduzione di 292 posti letto per acuti per l’Usl 6 Euganea, con l’azzeramento di posti letto a gestione Usl in città, costringendo i pazienti a recarsi in uno degli ospedali della provincia». L’Anaao punta il dito anche contro la riduzione di posti letto e reparti a fronte del mantenimento di tutti gli ospedali: «La Regione si preoccupa di tacitare le ire politiche dei “campanili”, inventandosi le équipe itineranti in più sedi per far fronte alla grave carenza di medici, un rischio sul piano clinico e una forzatura rispetto al Dm70/2015 che regola la materia» critica Benazzato. Ultimo punto, la cancellazione delle lungodegenze negli ospedali pubblici, mantenuti però nelle strutture private, e la forte riduzione dei posti letto post acuti, da 3.481 a 1.948: «Una scelta incoerente a fronte dell’invecchiamento della popolazione e dell’obiettivo dello stesso Piano socio-sanitario regionale di affrontare dal punto di vista sanitario, socio-sanitario e riabilitavo la condizione della terza età». L’impressione di Benazzato è di aver trovato poca sponda da parte del presidente della Commissione Fabrizio Boron: «Mi è sembrato piuttosto in imbarazzo sui numeri, ha contestato che ci siamo riferiti alle schede del 2013 senza tener conto dell’aggiornamento intervenuto nel 2016, cosa che invece abbiamo fatto» rivendica Benazzato, «quindi mi auguro possa esserci un riequilibrio». LA CGIL. Quello che declina la Cgil è un no a tagli, declassamenti e privatizzazioni: «Mentre siamo qui ci sono petizioni, sit in e manifestazioni in mezzo Veneto» ha esordito il segretario regionale Paolo Righetti, «l’invecchiamento della popolazione la morfologia del territorio richiedono un’offerta pubblica adeguata a garantire tutti i cittadini veneti, una sanità pubblica che abbatta le lista d’attesa e con i costi che non ricadano sui malati. ma si sta andando in direzione opposta, con tagli certi e attivazione delle strutture intermedie nel territorio di là da venire, senza tener conto delle voragini negli organici». (Elena Livieri)
LA NUOVA VENEZIA – Sabato, 13 aprile 2019