Il suo difensore Antonio Forza ha parlato per oltre due ore, dopo che già venerdì pomeriggio il collega Luigi Stortoni si era intrattenuto per quasi un’ora. Il legale veneziano si è giocato la carta della critica all’indagine patrimoniale della Finanza, ricordando che in quegli stessi anni in cui – secondo l’accusa – riceveva centinaia di migliaia di euro di mazzette, Renato Chisso aveva dovuto farsi anticipare il Tfr dalla Cassa di Risparmio, mentre la figlia accendeva un mutuo per comprarsi la casa.
E poi ha cercato di smontare la storia delle quote di Adria Infrastrutture: «Chisso non c’entra nulla e poi fu un grande bidone, visto che Galan ci ha perso 350 mila euro, Mazzacurati 150 mila, a causa dell’aumento di capitale che ha quasi azzerato le loro quote – ha spiegato – l’unica che ci ha guadagnato è Claudia Minutillo, che ha sottratto 2 milioni».
Alla fine però i giudici del tribunale del riesame sono stati duri con l’ex assessore regionale alle Infrastrutture: per lui e per il suo braccio destro Enzo Casarin, è stato confermato il carcere. Forza aveva anche lamentato il divieto di poter ricevere la visita di un medico e perfino una telefonata della moglie nel carcere di Pisa: «Una tortura psicologica che non è degna di un paese civile – ha tuonato – la custodia cautelare non si può usare per far confessare alle persone dei reati che non hanno commesso». E dopo che il pm Stefano Ancilotto aveva ricordato tutte le dichiarazioni dei grandi accusatori di Chisso – da Piergiorgio Baita a Mazzacurati, da Minutillo agli altri – ha replicato che «servono riscontri esterni». Anche per Casarin non è bastata la discussione dello stesso avvocato Forza e della collega Carmela Parziale, che avevano puntato sull’assenza di prove e sul discredito di un accusatore fondamentale come Mirco Voltazza, il quale aveva raccontato che Chisso gli aveva chiesto di controllare Casarin perché temeva che gli rubasse i soldi delle mazzette che gli portava. «Queste decisioni non cambiano la nostra strategia – conclude Forza – aspettiamo le motivazioni, poi faremo ricorso in Cassazione. Un interrogatorio ai pubblici ministeri? In questa fase ritengo di no».
In realtà ieri il tribunale del riesame ha modificato tutte le altre misure cautelari in corso. Sono tornati liberi il dirigente regionale Giovanni Artico, gli architetti Dario Lugato e Danilo Turato, che erano agli arresti domiciliari, così come l’imprenditore Nicola Falconi. Per Artico e Falconi i magistrati hanno adottato lo stesso ragionamento di Giuseppe Fasiol e Stefano Boscolo Bacheto: il dirigente regionale avrebbe ricevuto dei favori (l’assunzione della figlia in primis) ma non ci sarebbe prova di atti «compensativi», mentre Falconi sarebbe stato vittima di concussione da parte di Mazzacurati e dunque è solo una vittima, come avevano spiegato i suoi difensori Giorgio Bortolotto e Paolo Rizzo. «E’ la conferma che Lugato ha sempre agito in modo assolutamente lecito», dice il suo difensore Alessandro Rampinelli. Quanto a Turato, figura importante nelle accuse a Galan, visto che è l’architetto che avrebbe restaurato la villa di Cinto Euganeo, venendo pagato poi da Mantovani, la revoca degli arresti domiciliari sarebbe in realtà dovuta solo alla mancanza di esigenze cautelari, non degli indizi di colpevolezza. Vanno dal carcere agli arresti domiciliari Maria Teresa Brotto e Vincenzo Manganaro, mentre Lino Brentan dai domiciliari all’obbligo di dimora a Campolongo Maggiore.
Alberto Zorzi – Corriere del Veneto – 28 giugno 2014