Come sospesa tra passato e futuro, l’Europa entra nella prima settimana con l’Italia a possibile guida populista. E’ così nei prossimi giorni si assisterà a una serie di messaggi a cavallo tra la normalità degli ultimi anni – fatta di punture di spillo sul deficit – e una deriva più pericolosa: quella che potrebbe mettere a rischio la tenuta del Paese e di conseguenza della stessa eurozona. Si parte domani con la pubblicazione delle raccomandazioni Ue ai partner della moneta unica, Italia compresa. Se nei testi toni e messaggi saranno quelli riservati agli ultimi quattro governi italiani, seppure con una sorpresa sulle pensioni, nelle dichiarazioni dei commissari Ue e poi dei ministri europei a margine di Eurogruppo ed Ecofin di giovedì e venerdì ci si potrebbe avvicinare agli accenti del 2011, quando Berlusconi rischiava di affondare l’Europa. Con la dialettica che questa volta si scaricherà sulla maggioranza grillo-leghista, capace di far salire lo spread a 185 punti prima ancora di insediarsi al potere.
La vera novità delle raccomandazioni di quest’anno sarà un forte richiamo sulle pensioni. La Commissione Ue inviterà l’Italia a tagliare quelle più alte non interamente coperte dai contributi. Indicazione che apparentemente strizza l’occhio ai gialloverdi – schierati contro le pensioni d’oro – ma che in realtà suona come un avvertimento alla loro voglia di mettere mano alla Fornero. Perché per Bruxelles già con la piena applicazione della riforma 2011 il nostro sistema previdenziale è al limite della sostenibilità. Dunque semmai la spesa per le pensioni va tagliata, non aumentata modificando la Fornero. Ne va della tenuta dei conti italiani.
Come ogni anno poi Bruxelles chiederà di spostare il carico fiscale da lavoro e produzione a consumi e immobili, anche rimettendo l’Imu sulla prima casa. Ma c’è da ricordare che la Commissione non ha mai sanzionato un Paese per la mancata piena applicazione dei suoi “ consigli”. E così chiederà anche di proseguire gli sforzi per rinforzare il sistema bancario, accelerare i tempi della giustizia e riformare la pubblica amministrazione. Se fin qui le ricette servono ad aumentare il potenziale di crescita del Paese ( ultimo in Europa), la quarta raccomandazione chiederà di migliorare il funzionamento degli uffici di collocamento.
E’ invece sui conti pubblici che l’Europa ha i denti, anche se non dovrebbe mordere. Non subito almeno. Bruxelles ricorderà che il secondo debito del globo, il nostro, rimane « un fattore di rischio » per l’euro e stigmatizzerà il buco di 5 miliardi nei conti 2018 così come la necessità di correggere quelli 2019 di 10 miliardi a meno di non far salire l’Iva. Tuttavia Juncker è orientato a rimandare l’escalation all’autunno, senza ingiungere un manovra bis immediata, per non radicalizzare subito lo scontro con l’Italia gialloverde. In linea con lo “ schema Varoufakis”, non vuole aprire le ostilità senza vedere i primi atti ufficiali del nuovo gabinetto. Anche se domani mattina nel corso della riunione della Commissione europea chiamata ad approvare le raccomandazioni i falchi potrebbero chiedere subito un segnale forte contro Roma, un ultimatum sulla manovra bis se non addirittura l’apertura di una procedura per deficit eccessivo sui conti 2017, Juncker e Moscovici imporranno la linea morbida.
Ma resta il fatto che il clima sull’Italia è teso. I vertici dell’Europarlamento fanno trapelare la preoccupazione europea per l’Italia grillo- leghista. Nei giorni scorsi lo ha fatto la Francia di Macron, ieri è toccato ai capigruppo dei primi due partiti di Strasburgo. Non solo il popolare Weber ( « scherzate con il fuoco»), giovane bavarese vicino a Merkel, ma anche il socialista Udo Bullman ( Spd): « La nascita di un governo nazional- populista è una cattiva notizia per tutti » . E se Il Financial Times scrive che Giuseppe Conte sarebbe « un principiante » a Palazzo Chigi, è il dem Roberto Gualtieri, capo della commissione Affari economici dell’Europarlamento, a dire quello che tutti pensano: « Il programma Lega- M5S porterebbe il deficit al 10% mettendo a rischio la nostra appartenenza all’euro » . E dunque la sopravvivenza della stessa divisa comune. Questa ora per Bruxelles è la posta in gioco.
Repubblica – 22 maggio 2018