La Cassazione rilancia l’importanza degli ordini. Gli atti e gli adempimenti delle professioni regolamentate sono riservati ai soli iscritti agli albi.
Qualunque attività «tipica e di competenza specifica», configura il reato di esercizio abusivo della professione. Con una sola eccezione, le consulenze fiscali e contabili poste in essere prima della riforma del 2005 che ha istituito l’Albo unificato dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Sono queste le importanti conclusioni raggiunte dalle Sezioni unite penali della Corte di cassazione che, con la sentenza n. 11545 del 23 marzo 2012, hanno assolto dal reato di esercizio abusivo della professione un imputato che si era spacciato come commercialista prima del 2005.
Risolvendo un forte contrasto sul reato di esercizio abusivo della professione nato proprio nell’ambito del Palazzaccio, il Massimo Consesso di Piazza Cavour ha messo nero su bianco, dando un’interpretazione estensiva all’articolo 348 del codice penale che «concreta esercizio abusivo di una professione, punibile a norma dell’art. 348 cod. pen., non solo il compimento senza titolo, anche se posto in essere occasionalmente e gratuitamente, di atti da ritenere attribuiti in via esclusiva a una determinata professione, ma anche il compimento senza titolo di atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva, siano univocamente individuati come di competenza specifica di una data professione, allorché lo stesso compimento venga realizzato con modalità tali, per continuatività, onerosità e (almeno minimale) organizzazione, da creare, in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato».
Ma non basta. Le Sezioni unite, dopo aver espresso un principio generale, valido cioè per tutte le professioni, hanno circoscritto la validità sul fronte dei commercialisti sostenendo che le attività tipiche sono punibili solo dopo la riforma del 2005. Sul punto in sentenza si legge che «le condotte di tenuta della contabilità aziendale, redazione delle dichiarazioni fiscali ed effettuazione dei relativi pagamenti, non integrano il reato di esercizio abusivo delle professioni dl dottore commercialista o di ragioniere e perito commerciale, quali disciplinate, rispettivamente, dai dd.pp.rr nn. 1067 e 1068 del 1953, anche se svolte – da chi non sia iscritto ai relativi albi professionali – in modo continuativo, organizzato e retribuito, tale da creare, in assenza di indicazioni diverse, le apparenze di una tale iscrizione; a opposta conclusione, in riferimento alla professione di esperto contabile, deve invece pervenirsi se le condotte in questione siano poste in essere, con le caratteristiche suddescritte, nel vigore del nuovo dlgs n. 139 del 2005».
Dunque ora il finto commercialista sconterà la condanna per truffa dalla quale va decurtato un mese per l’annullamento del capo sull’esercizio abusivo della professione. Alla stessa conclusione era giunta la procura generale della Cassazione nell’udienza celebrata il 15 dicembre.
Italia Oggi – 27 marzo 2012