(di Serenella Mattera – repubblica.it) – Come le proverbiali brioche di Maria Antonietta, i commissari straordinari del governo. Per ogni emergenza o problema di difficile gestione, arriva puntuale l’annuncio.
Non c’è acqua? Ecco un commissario. Dobbiamo dare un segnale ai nostri elettori sugli sbarchi dei migranti? Diamogli un commissario. I Campi flegrei tremano? Subito un commissario. E le alluvioni, i terremoti? Per forza, un commissario. La situazione nelle carceri è “indecorosa” (Sergio Mattarella), il caldo, le blatte e la mancanza di spazio seviziano i detenuti, i suicidi di reclusi e agenti sono uno stillicidio quasi quotidiano? Diamogli un commissario.
Ma un commissario per fare che? Costruire carceri nuove – questo il mandato – riqualificare gli edifici in disuso. Ma una soluzione non serve subito? Quanto ci vorrà? La soluzione, annunciata da un gongolante ministro Carlo Nordio, è il commissario stesso, risposta tempestiva a un problema urgente. E fa niente se la tempestività è un’illusione, la soluzione è una figurina, la risposta in realtà è un paravento per coprire la negazione di vere, possibili, risposte.
Il governo Meloni e i sessanta commissari
A questo punto è doveroso aprire una parentesi. Per spiegare che no, i commissari straordinari non sono un’invenzione di Giorgia Meloni e soci. La figura, destinata a “realizzare specifici obiettivi”, fu creata da una legge del 1988 e replicata decine di volte nei più diversi ambiti, anche grazie a specifiche norme di settore. Risale ad esempio al 2007 la creazione di un Commissario straordinario del governo per le persone scomparse, carica rinnovata nel 2023 dalla premier con la nomina di Maria Luisa Pellizzari. E, per avere un termine di paragone, si può ricordare che nel novembre 2020 il governo Conte 2 vantava ben trentadue commissari, tra cui spiccava Domenico Arcuri, per la gestione dell’emergenza Covid, operativo fino a che l’anno dopo il governo Draghi non lo sostituì con Francesco Paolo Figliuolo, il generalissimo che poi Meloni avrebbe nominato commissario per la ricostruzione dopo l’alluvione in Emilia Romagna.
Fatta la premessa, torniamo all’oggi. Se con Conte i commissari erano trentadue, Meloni raddoppia. Il sito di Palazzo Chigi certifica cinquantotto plenipotenziari di nomina governativa (inclusi quelli per le emergenze locali, che spesso sono gli stessi presidenti di Regione). Alcuni pagati, altri no. Alcuni con possibilità di agire con poteri in deroga dalle norme ordinarie, altri no.
A loro vanno aggiunti, solo nell’ultimo mese (sul sito ufficiale ancora non figurano), altri due commissari straordinari: l’ingegnere Fulvio Maria Soccodato dovrà occuparsi dell’attuazione degli interventi pubblici nell’area dei Campi Flegrei e un altro dirigente (dopo il via libera definitivo alla norma si conoscerà il nome) dovrà gestire l’edilizia carceraria. In totale: sessanta.
Sessanta commissari nominati dal governo Meloni (anche se l’elenco di Palazzo Chigi, aggiornato a luglio, presenta qualche anomalia). E fa niente se a lungo si è discusso dell’opportunità di nominarne uno per l’immigrazione (Valerio Valenti è andato in pensione a dicembre, ora c’è Laura Lega a capo del dipartimento immigrazione del Viminale). E pazienza se intanto gli otto commissari nelle diverse Regioni per le Zes, le Zone economiche speciali, sono stati ‘cancellati’ dalla scelta di creare una Zes unica (ma – mistero – figurano come ancora in carica sul sito del governo) e intanto il meccanismo della Zes si è pure inceppato sul tax credit. E chissà che sta facendo il commissario “per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica” Nicola Dell’Acqua (sì, si chiama così), mentre noi leggiamo dei disastrosi effetti nel Sud Italia della siccità.
Nordio: “Un piano a medio termine, se non a lungo termine”
Ma torniamo alle carceri. Nell’anno dei record, mentre i penitenziari esplodono e i suicidi aumentano, Meloni e Nordio, ma anche Matteo Salvini, non vogliono sentir parlare della possibilità di dare sollievo ai penitenziari con misure d’urgenza, come quella proposta da Roberto Giachetti, di aumentare i giorni per la liberazione anticipata. Forza Italia ha provato a insistere, a mediare, ma poi ha ceduto: il decreto svuota carceri del ministro Nordio, provvedimento pensato per smentire l’inerzia del governo e ora in via di approvazione in Parlamento, resta poco più di un palliativo, una misura pressoché inutile nell’immediato. Ma serviva un segnale di attivismo, di fronte alle richieste insistenti, agli allarmi angoscianti. Ecco allora in Senato spuntare un emendamento del governo per istituire un commissario. E dare concretezza alla solita risposta della destra: più carceri, non meno detenuti. Ma è davvero una risposta concreta, tempestiva?
La risposta è nelle parole di Nordio (17 luglio, Camera dei deputati): “Il commissario avrà il compito di attuare in tempi brevissimi il piano nazionale di interventi per l’aumento di posti detentivi e per nuovi alloggi destinati al personale della polizia penitenziaria. Questo programma edilizio sarà imponente e realizzato speditamente. È un piano a medio termine se non a lungo termine”.
Tempi medi, se non lunghi. Mentre le carceri scoppiano. Abbiate pazienza, risponde il ministro e ci saranno nuovi spazi. Quando, non è dato sapere. Ma il commissario arriva subito, per carità.