Franco Pepe Centoquarantacinque in lizza per conquistarsi un posto di direttore generale nelle venti Uiss del Veneto, nelle due aziende ospedaliere di Padova e Verona, nello Iov, l’Istituto oncologico véneto. Per ogni posto sei candidati. La caccia inizia subito. Entro il 31 dicembre il governatore Luca Zaia dovrà nominare il sostituto del vicentino Sandro Caffi all’azienda ospedaliera di Verona che chiude il mandato e dare un nome al nuovo dg dell’azienda attualmente commissariata. Il grosso della partita si giocherà poi nel 2015 nella fase di avvicinamento alla scadenza naturale degli attuali incarichi triennali.
Chi, dopo le elezioni regionali del prossimo maggio, occuperà lo scranno presidenziale di palazzo Balbi, dovrà pensare anche alla nuova squadra dei dg, che sono una nomina di autonoma e stretta pertinenza del governatore, e che, finora, per lo più, al di là anche di meriti personali e doti manageriali, sono stati anche figli di indicazioni e padrini politici, insomma anche qui di un rigoroso manuale Cencelli.
È pronto e approvato l’elenco degli idonei alla nomina a direttore generale. Lo ha licenziato la commissione regionale composta da Chiara Cacciavillani ordinario di diritto amministrativo all’Università di Padova, Michele Bernasconi cattedratico di economia a Cà Foscari, Massimo Tarantino di Agenas (l’Agenzia per il servizi sanitari regionali), e Claudio Costa direttore dell’attività di controllo e governo del Servizio sanitario regionale. L’elenco rimarrà valido due anni.
Gli idonei sono ufficialmente 151, ma, l’articolo 61 del decreto legge 90 del 2014 convertito nella cosiddetta legge-Madia approvata ad agosto, secondo il quale i pensionati delle pubbliche amministrazioni non possono più avere incarichi direttivi negli enti in cui sono stati posti in quiescenza, ne taglia sei. Ecco, dunque, che la scure della norma si abbatte su nomi eccellenti come lo stesso Caffi, Francesco Buonocore oggi direttore sanitario a Vicenza; Maria Giacobbo altra vicentina doc, oggi ds allo Iov e una lunga milizia nella sanità pubblica iniziata proprio al San Bortolo; Alessandro Fabbri l’ex primario di cardiologia anche lui molto conosciuto in città, oggi ds all’Ulss di Mirano; Arturo Orsini dg a Rovigo; Giampietro Rupolo ex responsabile regionale per i trapianti e oggi ds dell’Ircss San Camillo del Lido di Venezia. Ventuno, invece, i non idonei per limiti di età o carenza di titoli. E qui il nome più illustre è quello del dg vicentino Ermanno Angonese, che ha valicato la fatidica soglia dei 65 anni e che, quindi, dovrà interrompere una carriera, di manager sanitario che va avanti ininterrottamente dal 1980, quando a 31 anni veniva proiettato alla vicepresidenza del comitato di gestione dell’allora Uiss 5 di Bassano con il compito di coordinare la costruzione del nuovo ospedale. Insomma, Angonese dovrà dire addio alla sanità véneta, anche se potrebbe rimettersi in gioco in quella friulana, dove sono già approdati altri ex manager veneti e dove l’ingegnere biomedicale di Mason pare goda di considerazione. “Bocciata”, perché non in possesso dei requisiti, anche la candidatura di Maria Cristina Motta, l’ex pm della procura di Verona nominata a novembre del 2013 (dopo l’azzeramento dei vertici indagati per reati legati alla gestione degli appalti) direttore generale di Agec, l’azienda comunale scaligera, e in precedenza, ad agosto, forzatamente revocata dall’incarico di direttore amministrativo dalla dg dell’Ulss 20 Giuseppina Bonavina. Sulla scorta di quanto accertato dagli ispettori della sanità regionale (c’era stata una segnalazione del consigliere regionale Pd Franco Bonfante), anche il ministero della salute aveva, infatti, stabilito che l’ex magistrato è priva dei titoli contemplati dal decreto legislativo 502 del 1992, che richiede un’esperienza dirigenziale almeno quinquennale maturata «in enti o strutture sanitarie».
I pretendenti sono in calo. Molti sono i “soliti noti” della macchina regionale
Due anni fa gli aspiranti erano 280. Ora a mettersi in lizza con la speranza di guidare una UIss sono solo 172. Cala l’attrazione fatale. Ll “mestiere” di direttore generale richiama sempre meno pretendenti. La busta-paga di 123 mila euro lordi l’anno (una volta, prima della legge taglia-stipendi, la 133 del 2008, arrivava a 153 mila), è inferiore a quella di parecchi sottoposti, in primis primari anziani o capidipartimento. Le responsabilità amministrative e legali, e, quindi, rischi sono parecchi, per cui si dilata la disaffezione, e le domande, almeno qui nel Veneto calano. A cercare uno dei 23 posti a disposizione sono per lo più i soliti noti, cioè direttori generali, sanitari, amministrativi, dei servizi sociali in pista nell’attuale mandato, o comunque addetti ai lavori: dirigenti, funzionari della macchina amministrativa, medici.
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IL Giornale di Vicenza – 23 dicembre 2014