La Stampa. È stato il primo vero passo per la vaccinazione di massa: diversi aerei della multinazionale Dhl sono atterrati ieri mattina in diversi scali del Paese e lì hanno trovato ad attenderli Tir e furgoni, con la livrea gialla del trasportatore e adeguata scorta delle forze di polizia. Erano le prime 359.775 dosi del vaccino Pfizer che sono state recapitate ai punti di vaccinazione; altre 110.175 dosi arriveranno oggi. E gli arrivi continueranno fino a raggiungere il totale di 469.950 dosi previsto per questa settimana. La ripartizione è stata poi rispettata in maniera certosina: 30.420 dosi alla Puglia, 47.970 al Lazio, 32.760 alla Toscana, 14.040 al Friuli-Venezia Giulia, e così via. Dai centri regionali a quelli provinciali, ai singoli ospedali.
Da questo momento, il pallino passa alle Regioni. Che, secondo abitudine italiana, si muovono in ordine sparso. E senza fretta. Alcuni no: il Friuli ha accelerato il passo e già ieri dopo le 13 ci sono state le prime somministrazioni a Pordenone e poi in altri ospedali della regione; anche in Veneto, Lazio e Toscana si registrano le prime inoculazioni. All’ospedale Molinette di Torino sono state vaccinate 480 persone; l’adesione tra i medici supera il 70% ma tra il personale delle Rsa è ferma a meno del 20%.
Altrove invece si comincia oggi: in Lombardia, ad esempio, o in Campania. In Liguria, dove la consegna era in ritardo, sono mobilitati 14 ospedali e si comincia stamattina. In Sicilia, ieri pomeriggio il vaccino non era ancora arrivato, considerando che il Tir è dovuto partire da Ciampino. E in Basilicata le dosi le hanno, ma si inizia il 2 gennaio.
Non c’è una strategia unitaria. E nemmeno un dato esatto perché tra ministero della Salute e Regioni si è deciso che ci saranno comunicazioni periodiche sulle inoculazioni. Se ne duole Federico Gelli, della Fondazione Italia in Salute: «Sarebbe opportuno, così come sta già avvenendo in Germania, che anche il nostro Paese si dotasse di un sistema informativo attraverso il quale riportare in maniera trasparente il numero di vaccinazioni contro il Covid somministrate quotidianamente».
Palazzo Chigi promette che da oggi sul sito sarà pubblicato un report aggiornato in tempo reale sul numero degli italiani progressivamente vaccinati, ma andrà preso con le molle perché la Campania, per dire, da 2 giorni non è in grado di comunicare quanti nuovi ricoverati ha in terapia intensiva.
La Germania resta un’impietosa pietra di paragone. Se noi possiamo vantare la vaccinazione dei primi 9.803 italiani (sulla base del V-Day) e di un imprecisato numero di altri ieri, la Germania dichiara già 78 mila inoculazioni. Non cessa quindi la polemica tra i due Paesi. Perché loro hanno acquistato 30 milioni di dosi extra fornitura europea? Il ministro Roberto Speranza ha già detto che così si sono violati gli accordi. E secondo il premier Giuseppe Conte, è stata «una scelta che l’Italia non ha fatto perché non consentita dalle norme continentali». Berlino però la pensa diversamente e ha replicato per bocca del ministro della Salute Jens Spahn: «Ne ho già parlato anche col ministro Speranza. Era da sempre chiaro che non si potesse trattare parallelamente al pacchetto europeo, ma che fosse possibile trattare per dosi aggiuntive».
Per Berlino, insomma, il contratto gestito dalla Commissione europea è un accordo-quadro. Se un governo vuole aumentare la sua fornitura, può farlo. Dipende dalle sue capacità economiche. Ma anche dalle forze in campo. Non avrebbe infatti senso stipare i frigoriferi di milioni di dosi se poi non ci sono i sanitari per l’inoculazione. —