Ben 2,3 miliardi di tagli, che il governo iscrive alla voce risparmi di spesa. Ma che sul territorio – anche in regioni virtuose come la Lombardia, l’Emilia Romagna o le province autonome – fanno paura. Ieri il governo ha incassato la fiducia alla Camera (con 364 sì, 185 no) sul decreto legge sugli Enti locali.
Il decreto legge con le misure urgenti in favore degli Enti territoriali contiene, appunto, le norme di attuazione del Patto per la salute 2014-2016 (con i 2,3 miliardi di tagli concordati con le Regioni) una grandinata di mancette: i concorsi dei dirigenti delle Agenzie fiscali (insieme ad una “norma-ponte” per la fase transitoria). Nel provvedimento – diventato un po’ omnibus per ospitare tutte le norme in scadenza sono state anche inserite le disposizioni del decreto legge “strade sicure” e le norme del decreto Ilva-Fincantieri relative ai rifiuti e all’Aia. I sequestri giudiziari degli impianti strategici non bloccano la produzione. Così come quelle per le aree colpite da calamità naturali e un “pacchetto” di norme per le Province e Città metropolitane, tra cui la riduzione delle sanzioni per lo sforamento del patto di stabilità 2014.
Ma la “ciccia” vera è la ventilata razionalizzazione della spesa sanitaria. Le Regioni (in Conferenza) hanno dovuto ingoiare i nuovi piani di contenimento del governo . Però sul territorio si teme che le nuove norme – come quella sugli accertamenti preventivi e sulle prescrizioni farmaceutiche – possano sì far calare la spesa, ma a scapito della salute dei pazienti. E degli accertamenti preventivi per evitare patologie più gravi.
Non sono contenti neppure le lobby del settore (come quella farmaceutica) che lamentano un extra carico dei costi per le imprese farmaceutiche. Un extra costo calcolato in alcuni centinaia di milioni, stando a Farmindustria. Che spiega: dei «2,35 miliardi di euro di mancato incremento del Fondo sanitario nazionale a noi pesano 308 milioni di euro. Si può dire che lo Stato finanzia l’assistenza farmaceutica fino a ottobre, mentre per i restanti mesi dell’anno ci pensano le industrie», si lamenta Massimo Scaccabarozzi, presidente della federazione.
I servizi contabili degli assessorati regionali stanno anche in queste ore rifacendo per bene i calcoli. Si teme che il fantomatico ricorso al federalismo sanitario (chi ha speso meglio dovrebbe tagliare meno), rappresenti solo un alibi per tagliare linearmente le spese, e quindi i budget. In più le penalità (sul salario accessorio) dei dipendenti della sanità in caso di prescrizioni “large” potrebbe pregiudicare la salute dei cittadini, sostengono le associazioni di categoria dei medici ospedalieri.Certo il decreto prevede che «il medico potrà evitare le sanzioni sul salario accessorio in caso di prescrizioni inappropriate motivando le proprie decisioni». Sono circa 180 le prestazioni sanitarie a maggiore rischio taglio su ben 1700 previste dal prontuario sanitario. L’Italia spende ogni anno circa 110 miliardi in sanità, e gli italiani ne sborsano altri 30 di miliardi per curarsi privatamente. Ma limitando la prevenzione si rischia di avere un risparmio oggi, ma costi maggiori di cura domani.
In sostanza si vogliono ridurre e limitare le analisi inappropriate, le risonanze, le Tac e le altre prestazioni ambulatoriali e di diagnostica. Il decreto (che entrerà in vigore fra 30 giorni) prevede che siano individuate «le indicazioni di appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale». In caso contrario il costo sarà «a totale carico dell’assistito». C’è di buono che i contratti per le forniture sanitarie verranno rinegoziati dalle regioni e se non si raggiunge un accordo con i fornitori si potrà recedere. Così come le fatture per le forniture sanitarie dovranno essere trasmesse al Mef ed al ministero della Salute che predisporrà un Osservatorio nazionale sui prezzi dei dispositivi medici.
Libero – 5 agosto 2015