«Giù le mani dalle categorie svantaggiate». Il sindacato si dice pronto alle barricate per salvaguardare quelle che il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha definito nell’intervista al Corriere , «posizioni acquisite», sulle quali il governo avrebbe intenzione di intervenire «senza pregiudizi ideologici». Il segretario generale Uiltec, Paolo Pirani, lo dice chiaro e tondo: «Non bisogna confondere i privilegi che riguardano una condizione di “casta” e che vanno aboliti con la situazione dei pensionati e dei lavoratori dipendenti».
Già, ma quali diritti acquisiti potrebbe mettere in discussione il governo con la prossima legge di Stabilità? Il timore sotterraneo è che la revisione delle cosiddette tax expenditures , cioè delle detrazioni, deduzioni e dei regimi fiscali agevolati, possa determinare un aumento della tassazione a carico di lavoratori dipendenti e pensionati, quelli che hanno il prelievo in «busta». Un timore che il premier ha cercato di sciogliere, promettendo che non ci sarà una manovra correttiva per il 2014 e che la prossima Finanziaria non porterà nuove tasse. Eppure di uno sfoltimento della giungla delle agevolazioni si parla da tempo, anche nel governo Renzi, discendendo questa operazione, tra l’altro, dalla delega fiscale.
Secondo però le ultime indiscrezioni, provenienti da via XX Settembre, il riordino potrebbe slittare: l’intenzione del governo era in principio quella di realizzare un’operazione di equità fiscale, ridistribuendo le agevolazioni in favore delle famiglie con reddito più basso, applicando quello che viene chiamato «quoziente familiare». Un’operazione a «costo-zero» che sarebbe dovuta andare a carico dei redditi più alti, detenuti da nuclei familiari più piccoli.
A spingere per il riordino delle agevolazioni c’era anche un’altra circostanza: la possibilità di cambiare la natura del bonus di 80 euro da premio a sgravio fiscale. L’idea che era andata maturando, era quella di ottemperare a una delle raccomandazioni dell’Ue, quella sull’abbassamento della pressione fiscale, facendo rientrare il bonus tra le detrazioni. L’operazione avrebbe avuto anche il vantaggio di alleggerire il costo del bonus che, sommato a altre detrazioni, e ritarato in base al quoziente familiare, avrebbe potuto costare alla fine meno degli attuali 7,5 miliardi. Il ragionamento sarebbe stato offerto alla riflessione di Renzi che però l’avrebbe respinto, preferendo lasciare il bonus di 80 euro visibile in busta paga. Una delle motivazioni che spingevano al riordino delle tax expenditures sembra così (per ora) venuta meno. A questa si sarebbe aggiunto il calcolo politico in base al quale la rivisitazione in chiave di «quoziente familiare» delle agevolazioni finirebbe per scontentare un 70% di contribuenti, andando a gravare su un clima di fiducia che, come dimostrano i dati dell’Istat, sembra peggiorato.
Allo stesso modo sembra ridimensionata anche l’intenzione di agire sui trasferimenti alle imprese: il piano del commissario Cottarelli prevede che gli incentivi a quelle statali subiscano una riduzione di 3-4 miliardi e quelli alle imprese regionali, di 1,5-2 miliardi. Anche su questo punto però, dato il clima generale, sarebbe in atto un ripensamento.
Quali «posizioni acquisite» dunque resterebbero da abbattere senza pregiudizi ideologici? Come è noto, il governo ha negato più volte di voler intervenire sulle pensioni con un prelievo su quelle più elevate o con il blocco dell’indicizzazione. Il piano di Cottarelli prevedeva di recuperare risorse anche andando a controllare le pensioni di invalidità e le indennità di accompagnamento: ma le cifre recuperabili sarebbero nell’ordine di qualche centinaio di milioni, peraltro non iscrivibili a bilancio come risparmi, perché considerate aleatorie, alla pari di quelle provenienti dal recupero dell’evasione fiscale.
E la sanità? Anche qui non si andrà oltre all’applicazione dei costi standard, i cui risparmi, peraltro, sono già destinati a essere reinvestiti nello stesso comparto. Nessun taglio alle prestazioni dunque. Riepilogando la spending review , come ha anticipato Padoan al Corriere , sarà frutto di scelte politiche e terrà conto del periodo di crisi in cui vivono gli italiani, senza interventi ulteriormente depressivi. Al momento dunque molte «posizioni acquisite» sembrano salve. A meno che il riferimento di Padoan non fosse a alcune battaglie che stanno arrivando a maturazione in questi giorni, come quella degli insegnanti «quota 96», che reclamano il diritto acquisito a andare in pensione. Per loro è attesa una risposta entro il primo settembre. Al momento il governo pare orientato a un «no».
Antonella Baccaro – Corriere della Sera – 28 agosto 2014