di Margherita De Bac, Il Corriere della Sera.
1 È possibile reinfettarsi dopo aver contratto il virus pochi mesi prima?
Sì, il rischio esiste anche con tre dosi di vaccino soprattutto se l’infezione precedente era dovuta alla variante Alfa (la cosiddetta inglese) e Delta (indiana). Attualmente è in circolazione la variante Omicron che presenta alcune mutazioni diverse sulla proteina Spike (quella fondamentale per il virus) e quindi è capace di eludere l’immunità precedentemente sviluppata.
2 Se sono stato contagiato da Omicron è possibile contrarre una seconda volta l’infezione causata da Omicron 2, il sottotipo ora più diffuso?
Il rischio esiste sebbene sia considerato residuale e non quantificabile. Secondo Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia, «Omicron può contagiare una seconda volta ma con forme asintomatiche o pochi sintomi molto simili a quelli dell’influenza. Tre dosi di vaccino garantiscono una buona protezione ed è importante non rinunciare al richiamo che è necessario per rafforzare l’immunità contro un virus così mutevole».
3 Quanto dura la protezione della terza dose di vaccino?
Si tende a pensare che la durata sia di almeno quattro mesi, ma il tempo varia da individuo a individuo in quanto la risposta allo stimolo vaccinale è molto soggettiva. Stiamo ricevendo vaccini disegnati sul ceppo originario del Sars-CoV-2, quello nato a Wuhan, in Cina. In oltre due anni il virus è cambiato e ha affinato la capacità di aggirare le difese. Ecco perché il rischio di reinfezioni non è mai venuto meno.
4 È nota l’incidenza delle reinfezioni?
Nell’ultimo rapporto dell’Istituto superiore di sanità si evidenzia un aumento del rischio di reinfezione a partire dal 6 dicembre 2021 — data considerata di riferimento per l’inizio dell diffusione della variante Omicron — nei non vaccinati o vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni. La possibilità di riammalarsi è maggiore nelle donne. Questo viene attribuito alla maggiore presenza di insegnanti di sesso femminile in ambito scolastico dove viene effettuata un’intensa attività di screening. Anche le fasce di età più giovani, 12-49 anni, rischiano maggiormente di contrarre di nuovo la malattia probabilmente a causa di comportamenti meno controllati. Donato Greco, epidemiologo del Comitato tecnico scientifico, rileva che il rischio di reinfezioni è rimasto costante durante la pandemia: 3%.
5 L’infezione naturale protegge più del vaccino?
Per Caruso «chi si è vaccinato è più protetto di chi ha avuto l’infezione naturale perché i vaccini a mRNA (Pfizer e Moderna) inducono un’immunità più ampia, che riconosce vaste aree della proteina Spike a differenza di chi ha contratto il virus naturalmente, che sviluppa un’immunità selettiva». I più esposti al contagio sono i non vaccinati e i naturalmente infettati.
6 Si è tanto parlato di quarta dose. Se il rischio di reinfezione esiste, perché non prevederla?
Anche l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha espresso un parere non favorevole alla quarta dose, così come l’agenzia europea Ema. I vantaggi di un secondo richiamo sarebbero infatti ridotti rispetto allo sforzo organizzativo. Un team di ricercatori israeliani ha misurato la durata dell’immunità di una quarta dose nel personale sanitario: non supera i 2 mesi.
7 Perché è tramontata l’ipotesi quarta dose?
Secondo Caruso anziché procedere alla somministrazione di una quarta dose con vaccini «vecchi» è più logico prevedere una nuova vaccinazione prima del prossimo autunno quando potrebbe essere disponibile un vaccino costruito sulla variante Omicron, quindi più protettivo,