Jean-Claude Juncker è stato eletto ieri dal Parlamento europeo come prossimo presidente della Commissione. A novembre sostituirà Manuel Barroso alla guida di un nuovo esecutivo comunitario. L’ex premier democristiano lussemburghese, 59 anni, un veterano delle battaglie europee che aveva partecipato alla preparazione del trattato di Maastricht, ha ricevuto 422 voti favorevoli e 250 contrari.
Cinquantasette le schede nulle e le astensioni. Per lui hanno votato, con significative defezioni rese possibili dallo scrutinio segreto, i deputati popolari, socialisti, liberali e anche una parte dei verdi. In totale, rispetto ai consensi che avrebbe dovuto avere sulla carta, gli sono mancati una sessantina di voti. Ma può comunque contare su un’ampia maggioranza, leggermente superiore (13 voti) a quella che alla precedente sessione aveva eletto Schulz come presidente del Parlamento europeo.
Nel suo discorso davanti all’europarlamento, Juncker ha delineato in dieci punti le priorità che intende stabilire per il lavoro della sua Commissione. Sul fronte economico ha preannunciato la presentazione di un «Pacchetto per il lavoro, la crescita e gli investimenti» basato sugli esistenti fondi europei e sui capitali resi disponibili dalla Banca europea degli investimenti. L’obiettivo, ha spiegato, «è di mobilitare fino a trecento miliardi di euro di investimenti pubblici e privati nell’economia reale nei prossimi tre anni». Il presidente eletto non ha specificato come intende raccogliere questi capitali, ma ha parlato di «strumenti finanziari più efficaci, comprese forme di prestiti e di garanzie con maggiori capacità di rischio». Tra gli obiettivi che si è dato c’è anche una reindustrializzazione dell’economia europea: «dobbiamo riportare il peso dell’industria al 20% del Pil entro il 2020 dal sedici per cento attuale».
In materia finanziaria, Juncker ha confermato il suo impegno a rispettare le norme del Patto di stabilità, ma ha anche promesso di rendere note le linee guida che la Commissione intendere applicare per gestire la flessibilità già prevista nelle regole esistenti sulla disciplina di bilancio. Inoltre ha preannunciato «proposte per incoraggiare ulteriori riforme strutturali attraverso incentivi finanziari ed una capacità di bilancio ad hoc a livello dell’eurozona». «Creeremo – ha detto – un governo economico della Ue». Infine ha promesso di sostituire la Troika (composta da Commissione, Bce e Fmi) «con una struttura più legittimata democraticamente» e di condizionare i piani di sostegno ai Paesi in difficoltà non solo a studi sulla sostenibilità dei bilanci ma anche a «valutazioni sull’impatto sociale».
Repubblica – 16 luglio 2014