Repubblica. Si naviga a vista, e senza binocolo. Adesso che il brutto pasticcio dei contratti europei con Pfizer e AstraZeneca sembra sbiadire l’orizzonte di un rapido ritorno al cronoprogramma di consegne previsto, non resta che cambiare in corsa. E la corsa, in attesa del vaccino tutto italiano di Reithera, è su Johnson & Johnson prima e su Curevac dopo. Incrementare, ricontrattando naturalmente a livello europeo le forniture di Johnson & Johnson e Curevac e fare pressioni, politiche e giudiziarie, su Pfizer perché mantenga la promessa di recuperare subito sulle dosi non consegnate e su AstraZeneca perché riduca la percentuale sul taglio annunciato del 60 per cento. Questa la strategia del commissario per l’emergenza Arcuri che allunga lo sguardo fino al primo trimestre del 2022 quando dovrebbe aggiungersi anche la francese Sanofi che nel frattempo darà supporto a Bion-Tech per la produzione in Germania. Senza le fiale di Johnson & Johnson, che dovrebbe ottenere l’autorizzazione a fine febbraio, e della biotech tedesca Curevac che dovrebbe tagliare il traguardo a maggio, la campagna di vaccinazione di massa in Italia, quella per intenderci da almeno 200 mila somministrazioni al giorno, non potrà iniziare.
E, dunque, ammesso che sia possibile fare previsioni dopo gli incidenti di percorso che hanno quasi fermato le vaccinazioni in mezza Europa, non se ne parlerà prima di inizio estate con il conseguente slittamento a fine anno dell’obiettivo dell’immunità di gregge. Sperando che da settembre sia disponibile il siero italiano di Reithera su cui l’Italia punta adesso tutte le sue carte entrando con capitale pubblico nell’azienda di Castel Romano.
Ma, visto che i vaccini non ci sono, l’Italia prova ad accelerare sulle cure, dunque sugli anticorpi monoclonali. Perché mettere in sicurezza prima possibile i quattro milioni e mezzo di italiani over 80 e subito dopo le persone con fragilità e patologie è obiettivo immediato. E allora, la richiesta all’Aifa di Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute, è quella di dare subito il via libera in Italia all’uso dei monoclonali già in commercio. «Non mi sembra questo il momento di perdere tempo — dice Ricciardi — Aifa approvi i monoclonali già in commercio. Canada, Stati Uniti e Germania hanno già acquistato il prodotto e l’italia, che ne avrebbe molto bisogno con 500 morti al giorno, no. Un anticorpo monoclonale, se lo somministri in forma precoce, ad esempio entro sei giorni dalla comparsa dell’infenzione ai degenti delle Rsa o ai pazienti anziani, può salvarli».
Impossibile, per il momento, rimodulare il piano di vaccinazione senza neanche sapere se AstraZeneca verrà autorizzato subito per tutte le fasce d’età. Ma tocca rifare i conti, almeno da qui a giugno, per dare modo alle regioni di programmare almeno le vaccinazioni degli over 80 e delle persone fragili o con più patologie.
Ecco i numeri, dunque, naturalmente rivisti al ribasso. Se continuerà a questo ritmo (2 milioni le dosi consegnate), degli oltre 8 milioni che aveva garantito per il primo trimestre del 2021, Pfizer ne farà arrivare non più di 6 milioni. A cui si aggiunge un modesto quantitativo di Moderna, 1,3 milioni. Da AstraZeneca non c’è da attendersi più di 3,4 milioni di dosi a partire dal 15 febbraio. I due milioni di dosi Curevac messi in preventivo non arriveranno visto che la commercializzazione del vaccino tedesco non è prevista prima di giugno. E fanno 11 milioni di dosi, meno della metà di quelle in bilancio nel piano strategico di vaccinazione del ministero della Salute. Non bastano neanche per completare l’immunizzazione, dopo la fase uno, degli over 80. Con l’arrivo del vaccino di Johnson & Johnson, ad aprile, potrebbe arrivare l’accelerazione decisiva: 15 milioni di dosi che insieme a Pfizer, Moderna e AstraZeneca porterebbero a quadruplicare la capacità di vaccinazione in primavera. A settembre, con l’arrivo di Reithera, l’Italia potrebbe avviarsi verso l’immunità di gregge affrontando l’autunno con meno paura.