È la classica bugia che si raccontano i genitori: nel tempo passato con i figli conta la qualità non la quantità. E invece conta anche la quantità, specie quando loro cominciano a farsi grandicelli. Tra le mille norme tecniche dei decreti attuativi del Jobs act , in arrivo sul tavolo del consiglio dei ministri di venerdì, ce n’è anche una di carattere «familiare».
Ci sarà più tempo per sfruttare il cosiddetto congedo parentale, l’astensione volontaria dal lavoro che le mamme (ma anche i papà) possono sfruttare dopo i cinque mesi obbligatori della maternità. Il periodo a disposizione resta sempre lo stesso, sei mesi: bisognerà consolarsi ancora con quella storia della qualità. Ma il permesso si potrà prendere, tutto insieme o spezzettato, con più calma.
Oggi il congedo con lo stipendio al 30% viene concesso fino a quando il bambino compie tre anni. Il limite d’età sarà raddoppiato, portandolo a 6. Sempre oggi il congedo con lo stipendio pari a zero può essere preso fino a quando il bambino compie 8 anni. In questo caso la soglia dovrebbe essere portata a 12 anni. Per il momento non ci sono certezze, è solo un’ipotesi sul tavolo del governo. E, soprattutto, manca il via libera del ministero dell’Economia, sempre attento a quello che può toccare gli equilibri di bilancio.
In teoria non dovrebbe cambiare molto perché il periodo di sei mesi non si allunga. Ma dare più tempo per sfruttarlo potrebbe far salire la percentuale di utilizzo, facendo aumentare i soldi che lo Stato versa per pagare i contributi a chi sceglie di rimanere a casa. La decisione sarà presa venerdì mattina. Come quella sull’esclusione dei licenziamenti collettivi dalle nuove regole con l’indennizzo al posto del reintegro. Ieri anche la commissione Lavoro della Camera ha chiesto di limitare l’applicazione delle nuove regole ai licenziamenti individuali.
Lorenzo Salvia – Il Corriere della Sera – 18 febbraio 2015