No al referendum sull’articolo 18, che chiedeva di cancellare il cuore del Jobs act e cioè di tornare al reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo. Sì al quesito per l’abrogazione dei voucher , i buoni per pagare i lavoratori a ore. E a quello più tecnico sugli appalti, che obbligherebbe la società vincitrice della commessa a rispondere comunque delle eventuali mancanze del subappaltatore.
La Corte costituzionale ha dato il suo via libera parziale ai referendum promossi dalla Cgil. Sulla bocciatura del quesito più importante, quello sull’articolo 18, il sindacato «valuta un ricorso alla Corte europea». Il segretario Susanna Camusso attacca il governo per aver schierato l’avvocatura dello Stato a sostegno dell’inammissibilità: «Per noi non era un atto dovuto, è stata una scelta politica». E poi chiede di «fissare la data del voto», che dovrà essere compresa fra il 15 aprile e il 15 giugno. Che cosa succede a questo punto?
Sui voucher il governo ha promesso modifiche e ieri la linea è stata confermata dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti: «È necessario intervenire per limitare e ridurre gli elementi di utilizzo improprio». Le modifiche allo studio sono cinque: vietare i voucher in edilizia; vietarli nella pubblica amministrazione; vietarli per pagare quelli che sono già propri dipendenti; ridurre da un anno a sei mesi il periodo di utilizzo del buono, una volta acquistato; abbassare i tetti oggi previsti. Sul tavolo c’è anche una proposta più restrittiva, il ddl di Cesare Damiano firmato da 93 deputati del Pd, che riporterebbe i voucher alla versione originaria del 2003, quando erano utilizzabili solo per lavoretti saltuari. Ma il governo lo considera un giro di vite troppo severo. Anche sugli appalti si studia un correttivo: una norma che protegga il lavoratore dal rischio che la sua azienda, incassato un subappalto, non riesca o non voglia rispettare i suoi impegni, come pagare stipendio o contributi. Basterebbero queste modifiche a far saltare il referendum? Difficile.
Per annullare la consultazione sono necessarie modifiche sostanziali della legge. A decidere se sono sostanziali non è la Corte costituzionale, che resta ancora con un giudice in meno dopo la fumata nera di ieri in Parlamento. Il giudizio stavolta spetterà alla Cassazione, dopo aver sentito il comitato promotore del referendum, cioè la Cgil. Se la modifica non è giudicata sostanziale il referendum si tiene lo stesso, «spostando» il quesito sulla nuova legge e mantenendo la stessa data. Agli italiani si chiederebbe se vogliono cancellare i voucher non come sono adesso ma come saranno dopo le modifiche allo studio. Se però la Cgil si dichiarasse soddisfatta dei ritocchi, il referendum potrebbe saltare. Improbabile, a sentire ieri Camusso: «Non bastano modifiche per evitare il voto». A meno che la Cgil non tema di non raggiungere il quorum.
Lorenzo Salvia – Il Corriere della Sera – 12 gennaio 2017