Il via libera alla fiducia sulla delega lavoro è arrivato all’una di notte con 165 voti favorevoli, 111 contrari e 2 astenuti dopo una giornata campale al Senato con la seduta dell’Aula sospesa per due volte dal presidente, Pietro Grasso, quando dai banchi delle opposizioni sono partiti gli attacchi prima al ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, poi alla collega per i Rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi. Urla, risse, senatori in piedi sui banchi, lancio di libri contro la presidenza. Le opposizioni, in particolare Lega e M5S, avevano un obiettivo chiaro: impedire che il voto arrivasse in contemporanea con il vertice europeo che Matteo Renzi presiedeva a Milano. E ci sono riuscite, provocando una reazione stizzita del premier che ha bollato le proteste come una «sceneggiata». «Questo Paese lo cambiamo» ha detto Renzi e al Senato «non molliamo». Il maxi-emendamento
A votare la fiducia ci sarà tutto il gruppo del Pd, tra le cui fila non mancano però voci critiche, che promettono nuove modifiche alla Camera, dove la delega andrà per la seconda lettura. I senatori della minoranza interna dei democratici hanno messo agli atti un documento con in calce le firme di 37 parlamentari. Uno strappo che ha provocato le dimissioni del civatiano Walter Tocci.
Il caos è scoppiato per la prima volta intorno all’ora di pranzo, quando il ministro Giuliano Poletti ha preso la parola per illustrare il maxi-emendamento che modifica e sostituisce il testo della delega sul lavoro. L’emendamento rinvia ai decreti delegati l’intervento più delicato, quello sui licenziamenti. Poletti avrebbe voluto illustrare, tra gli altri, proprio quel punto: come il governo si impegna a modificare l’articolo 18. Ma non è riuscito a farlo. «Andate a casa» urlano i senatori 5 Stelle, coprendo le parole del ministro. Il capogruppo grillino Vito Petrocelli deposita una moneta da 50 centesimi sui banchi del governo: «un’elemosina» dice, un atto che manda su tutte le furie il presidente Grasso che lo espelle sospendendo la seduta. Alla ripresa nel pomeriggio Poletti rinuncia e lascia agli atti il suo intervento, la parola passa alla collega Boschi che pone la questione di fiducia scatenando una nuova bagarre. Intanto il maxiemendamento passa al vaglio della commissione Bilancio dove il presidente Antonio Azzollini chiede tempo per valutare tutte le correzioni. Poi il via libera sulle coperture arriva.
Sul maxi-emendamento, nel suo intervento del mattino, aveva espresso piena soddisfazione il relatore Maurizio Sacconi (Ncd): «Ho condiviso il testo perché conferma l’impianto prodotto dalla commissione Lavoro. Esso infatti da un lato rafforza gli ammortizzatori sociali e dall’altro consolida la riforma dello Statuto dei lavoratori con particolare attenzione agli articoli 4, 13 e 18. Il contratto a tempo indeterminato risulta doppiamente incoraggiato dall’obiettivo di abbatterne gli oneri diretti e indiretti come dall’indirizzo di una regolazione semplice e certa dei licenziamenti». L’atto finale del Governo mantiene la scelta che prevede la riforma dell’articolo 18 sulla base di tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio. «Il decreto delegato non potrà che essere coerente con questo indirizzo senza lasciare margini di discrezionalità al giudice del lavoro – dice Sacconi –. E ben venga il riferimento alla contrattazione aziendale in funzione di ulteriori modalità di gestione flessibile delle mansioni. Le tipologie contrattuali possono ora essere anche modificate nel senso di renderle più semplici e certe rispetto alle complicazioni prodotte dalla legge Fornero».
Soddisfatto è anche Pietro Ichino (Sc): «Il maxi-emendamento perfeziona il testo elaborato dalla commissione Lavoro del Senato, conciliando opportunamente le istanze emerse su di esso nei giorni scorsi in seno alla maggioranza, ma soprattutto salvaguardando la coerenza e l’incisività del disegno di riforma dell’ordinamento del lavoro». «Bene il maxi-emendamento del governo – sottolinea Annamaria Parente (Pd) – che precisa il precedente testo su rafforzamento del contratto a tempo indeterminato, superamento di alcune tipologie contrattuali, collegamento del tema mansioni a contrattazione. Contenuti che accolgono emendamenti parlamentari e la dialettica all’interno del mio partito». (Il Sole 24 Ore)
Il dossier. Lavori stabili meno cari e sussidio universale. Art.18 rinviato al decreto pochi i casi di reintegro
Cosa prevede la modifica alla legge delega del governo Demansionamento possibile ma senza riduzioni di salario
Le norme sui licenziamenti saranno specificate in un secondo tempo, ma c’è l’impegno politico a ridurre al minimo gli obblighi di riassunzione in caso di provvedimenti disciplinari illegittimi
Roberto Mania. Tutto rinviato sull’articolo 18. La norma dello Statuto dei lavoratori sarà riscritta nei decreti delegati del governo. Il maxi emendamento su cui ieri notte il governo ha ottenuto la fiducia dal Senato non fa alcun cenno alla tutela dei licenziamenti senza giusta causa. La linea dell’esecutivo è stata illustrata dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, nel testo che ha solo consegnato a Palazzo Madama non avendolo potuto leggere per la bagarre scatenata dai senatori del M5S. Sarà dunque tradotta in norme con i decreti che arriveranno nella prima metà del prossimo anno. Riguarderà solo i neo-assunti e non prevederà più il reintegro nel posto di lavoro nel caso di licenziamento senza giusta per motivi economici. Scatterà solo l’indennizzo monetario, crescente in base all’anzianità di servizio del lavoratore. Resterà il reintegro per i licenziamenti discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare particolarmente gravi. L’obiettivo del governo è di ridurre al minimo la discrezionalità dei giudici. Pertanto dovrebbe esserci una rigorosa “tipizzazione” dei casi nei quali è possibili il reintegro nel posto di lavoro.
La norma che apre all’ennesimo ritocco dell’articolo 18 (il precedente risale a soli due anni fa) è quella sull’introduzione (non più eventuale come nella prima versione del decreto), «per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio». Sarà a quel punto che la disciplina si estenderà, modificandolo, all’articolo dello Statuto dei lavoratori. Il ministro Poletti ha garantito che si terrà conto delle diverse posizioni emerse anche all’interno del Pd.
La novità di rilievo, rispetto al testo iniziale della delega, è negli incentivi, attraverso sgravi contributivi, a favore dei contratti a tempo indeterminato. Il contratto standard dovrà costare di meno rispetto alla altre tipologie. Una norma necessaria per compensare il forte appeal dei contratti a tempo determinato del tutto liberalizzati con il decreto Poletti.
Per il resto l’impianto della delega resta sostanzialmente quello originario. Si disegna un mercato del lavoro che tende a ridurre il dualismo tra lavoratori, facendo sparire gran parte dei contratti precari (a cominciare dai collaboratori a progetto), con un forte accentramento delle politiche attive per il lavoro (è prevista la nascita di un’Agenzia nazionale per l’occupazione), con l’estensione degli ammortizzatori sociali (1,5 miliardi saranno stanziati nella prossima legge di Stabilità per avviare la riforma) e della tutela della maternità anche alle lavoratrici con contratti non standard. Si punta a una semplificazione delle procedure amministrative e dei controlli sulle imprese. Affiora, nel Jobs Act, una sorta di cultura comunitaria dei rapporti tra capitale e lavoro e tra i lavoratori stessi con l’uso dei contratti di solidarietà non solo a scopo difensivo (evitare i licenziamenti) ma anche attivo, cioè fare leva sulla riduzione dell’orario di lavoro, come è già stato fatto in Germania, per aumentare l’occupazione. In chiave solidaristica c’è anche la possibilità, che i lavoratori, come è già stato fatto in Francia, possano cedere parte delle proprie ferie a colleghi che ne abbiamo bisogno per accudire un figlio che richiede cure particolari. Fa capolino il salario minimo, in via sperimentale, per i collaboratori e per i lavoratori (non più del 5 per cento) privi del contratto nazionale di categoria.
Ridimensionata, infine, la possibilità di demansionare il lavoratore in caso di ristrutturazioni aziendali senza intaccare, tuttavia, la sua retribuzione. Limitato anche l’uso del lavoro accessorio con i voucher per i quali viene reintrodotto il tetto dei 5.000 euro. (Repubblica)
9 ottobre 2014