Alessandro Mondo. «Sulla sicurezza alimentare l’Italia è al primo posto al mondo. Un dato per tutti: l’anno scorso la percentuale di sostanze chimiche, farmaci residuali e contaminanti rinvenuti è stata complessivamente dello 0,03 percento rispetto alla media dell’1,4 nell’Unione europea. Non a caso, le grandi emergenze degli ultimi anni, dalla Bse in poi, riguardavano tutte prodotti di importazione. Guai, però, ad abbassare la guardia». In questi giorni la dottoressa Maria Caramelli, direttore dell’Istituto Zooprofilattico di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta (oltre 250 mila controlli svolti dal 2009 su tutta la filiera degli alimenti), è alle prese insieme alla sua squadra con l’analisi dei campioni di uova portati dai servizi veterinari.
Che tipo di campioni?
«Uova “pure” di galline allevate a terra, ovoprodotti, cioè uova già sodate e sgusciate importate da Francia e Germania, derivati come pasta, maionese e dolciumi, ali di pollo dalla Francia. Stiamo finendo di analizzare una ventina di campioni».
Perché le galline allevate a terra?
«È una precisa indicazione del ministero: proprio perché sono allevate a terra, sono più esposte ai contaminanti ambientali».
Come il Fipronil?
«In Italia è vietato dal 2005, in Europa solo dal 2015. Ma a quanto leggo sui giornali, le partite sequestrate in questi giorni rimandano a galline allevate in Italia».
È pericoloso per la salute?
«Parliamo di un disinfettante ambientale spruzzato sulle galline e sulle lettiere. Sì: è potenzialmente nocivo, come tutti i prodotti chimici».
Cosa li accomuna?
«Noi ci occupiamo delle contaminazioni di tipo biologico, come la Salmonellosi o la Listeria, e di quelle chimiche. Gli effetti di queste ultime non si vedono nell’immediato ma sulla lunga distanza, a seguito dell’assunzione continuata di piccole dosi».
Altri esempi di potenziali contaminanti chimici?
«Gli estrogeni, sui quali in Europa c’è ormai la tolleranza zero, ma anche le diossine, il Pcb e il Ddt».
Il Ddt non è stato messo al bando dagli Anni 60?
«Vero: ma per essere smaltito dall’ecosistema necessita di tempi lunghissimi. Un altro fronte, prioritario, è l’antibioticoresistenza».
Cosa significa?
«Il problema non è il ricorso agli antibiotici per gli animali da allevamento, che oltretutto è permesso, quanto i tempi di sospensione da rispettare prima del consumo. In aggiunta, se la carne non è ben cotta rischiamo di assumere batteri resistenti ai comuni antibiotici, super-batteri che espongono i consumatori allo stesso rischio».
La Stampa – 25 agosto 2017