Nell’ultimo trimestre dell’anno l’espansione dell’economia italiana proseguirà ma a ritmi moderati, trainata soprattutto dalla spesa delle famiglie e dalla fiducia dei consumatori, risultato in crescita a novembre per il quarto mese consecutivo. Restano le incognite sul commercio estero e per la ripartenza degli investimenti. Su queste stime l’Istat, nella Nota mensile diffusa ieri, prevede una crescita congiunturale del Pil reale negli ultimi tre mesi dell’anno dello 0,2% (con un intervallo di confidenza compreso tra 0 e 0,4), sostanzialmente in linea con il dato sul terzo trimestre diffuso lunedì scorso.
Mentre a fine anno la crescita ottenuta dal confronto tra i dati trimestrali corretti per i giorni lavorativi (quest’anno sono tre in più rispetto al 2014) si fermerebbe allo 0,7%.
La stima diffusa ieri è provvisoria e potrebbe essere rettificata al rialzo in quella annuale che l’Istituto di statistica diffonderà il 1° marzo prossimo, un dato “grezzo” misurato con una metodologia di calcolo diversa e senza la correzione per i giorni lavorativi. Qualche settimana fa l’Ufficio parlamentare di Bilancio nella sua ultima nota congiunturale (precedente ai conti trimestrali Istat del 30 novembre) aveva stimato in uno 0,1% lo scarto fra dato grezzo e quello corretto. E in effetti anche la stima del governo contenuta nella Nota di aggiornamento al Def, pari a +0,9%, è “grezza”. Una previsione che il ministero dell’Economia non cambierà, ha affermato Pier Carlo Padoan.
Ieri Matteo Renzi nella sua e-news ha riconosciuto che il Pil è in frenata, sottolineando che «alcune previsioni segnano un potenziale rallentamento della ripresa». La fiducia sarà il fattore chiave per il premier. «Gli eventi di Parigi – ha scritto Renzi – e la crisi dei paesi emergenti non sono propriamente due buone notizie». Ma l’Italia «ha tutto per tornare a essere una locomotiva. La velocità della crescita dipenderà innanzitutto dai consumi interni e dagli investimenti. Ecco perché il mio invito a crederci non è generico ottimismo ma precisa strategia economica».
Secondo l’Istat sulla crescita guidata fino a fine settembre dal valore aggiunto del settore manifatturiero e, in misura più limitata, dai servizi, continua a pesare la debolezza del ciclo internazionale «che condiziona la dinamica delle esportazioni». Un rallentamento che si riflette anche nelle stime preliminari sui prezzi di novembre, che segnano un incremento annuo dello 0,1% dell’indice Nic (valido per l’intera collettività), in discesa dal +0,3% di ottobre. «Per i prossimi mesi – si legge nella nota – sia presso gli imprenditori sia presso i consumatori prevalgono attese di una dinamica moderata dell’inflazione, pur con qualche segnale di recupero». In particolare le politiche di prezzo delle imprese che producono beni di consumo «rimangono al momento caute, ma in novembre la quota di coloro che prevedono un aumento dei listini è risultata in crescita e più elevata di quanti intendono diminuirli». Moderatamente favorevoli sono anche le attese sul mercato del lavoro, dopo la battuta d’arresto di ottobre, secondo mese consecutivo di calo complessivo degli occupati (-0,2% rispetto a settembre). In novembre – scrive l’Istat – «le aspettative degli imprenditori nei successivi tre mesi permangono positive nel commercio, migliorano nell’industria manifatturiera e nei servizi, peggiorano nelle costruzioni».
Ieri l’Istituto di statistica ha anche diffuso il suo report sull’economia sommersa e illegale, con analisi aggiornate sul triennio 2010-2013 dopo il passaggio al nuovo standard Sec2010. Risulta che nel 2013 il complesso dell’economia «non osservata» ha superato i 206 miliardi, ovvero il 12,9% del Pil. A pesare di più è ovviamente il sommerso: il solo valore aggiunto creato da sotto-dichiarazioni di fatturato, lavoro irregolare e forme di evasione fiscale varie è di circa 190 miliardi di euro, pari all’11,9% del Pil nel 2013, in aumento dall’11,7% nel 2012 e 11,4% nel 2011. Ma un peso non indifferente lo hanno anche le attività illegali: sempre nello stesso anno, il valore aggiunto generato da traffico di droga, prostituzione e contrabbando di sigarette vale circa 16 miliardi di euro, pari all’1% del Pil. Questi aggregati sono ormai considerati nel sistema dei conti nazionali.
Davide Colombo – Il sole 24 Ore – 5 dicembre 2015