I giovani che non studiano e non lavorano sono ormai 2 milioni e mezzo. In pratica un under 30 su quattro – il 26% per l’esattezza – non fa nulla. Al Sud diventano quasi uno su due (il 40%). Uno spreco immenso di energie e anche di ricchezza per il nostro Paese (tempo fa qualcuno stimava almeno 2 punti di Pil). Il loro impiego probabilmente sarebbe la migliore cura shock contro la crisi. Nell’Unione europea peggio di noi fa solo la Grecia (28,9%).
L’ultimo dato, che risale al 2013, sull’esplosione dei cosiddetti Neet (Not in education, employment or training) si legge nel rapporto Istat «Noi Italia» con le principali statistiche sul Paese. Un primato, questo, ancora più evidente nel confronto con i Paesi più vicini: di Neet ne abbiamo il triplo della Germania (8,7%) e quasi il doppio della Francia (13,8%). Nei sette Paesi più fragili economicamente dell’Ue sono il 18,1 per cento. In Italia pesano la crescita della disoccupazione – quella giovanile riguarda il 40% dei 15-24enni – e la mancanza di fiducia nel futuro, un mix fatale. Su 3 milioni che nel 2013 non hanno cercato lavoro, ma avrebbero voluto lavorare, quasi la metà – il 46,2% – è scoraggiato: un esercito di 1,5 milioni di persone, cioè, che una occupazione neppure più la cercano convinti che non riuscirebbero a trovarla.
La sfiducia si riflette anche sullo studio, con alti tassi di abbandono. E qui l’Italia ha un altro pesante primato: nel 2013 la percentuale di 30-34enni laureati è del 22,4%, in rialzo ma comunque troppo bassa, così bassa da vederci addirittura ultimi in Europa, dopo Romania e Croazia.
A pesare su questi dati ovviamente sono stati gli anni della crisi, come confermano i numeri sul disagio economico, che per l’istituto di statistica riguarda il 23,4% delle famiglie. Un dato comunque in calo rispetto al 24,9% dell’anno precedente.
La deprivazione – secondo l’Istat – colpisce 14,6 milioni di italiani. In pratica una famiglia su quattro presenta almeno tre sintomi di disagio economico su un set di nove, che vanno dal non poter sostenere le spese impreviste, ad accumulare arretrati nei pagamenti (mutui, affitti, bollette) o a non riuscire a riscaldare in modo adeguato la propria abitazione. Come sempre si fanno sentire i divari territoriali, con il Mezzogiorno messo molto peggio (ben il 40% dei nuclei in difficoltà).
Il Sole 24 Ore 20 febbraio 2015