I consumi delle famiglie italiane escono lentamente dal tunnel della crisi. Secondo Istat, l’anno scorso le famiglie italiane hanno speso 10 euro in più dell’anno prima e 28 in più del 2013. Segnali ancora deboli ma che possono segnare l’avvio per recuperare il picco di 2.648 euro registrato nel 2008. Anche se nel 2016 molte rilevazioni segnalano un rallentamento delle vendite di grocery rispetto all’anno prima, favorito anche da una situazione climatica favorevole. Rimangono comunque intatte le distanze territoriali, con la Lombardia al top per spesa e la Calabria fanalino di coda. Al Sud inoltre si spende, in percentuale, di più in alimenti rispetto al Nord.
Nel 2015 la spesa media mensile familiare è stata di 2.499,37 euro (+0,4% rispetto al 2014, +1,1% nei confronti del 2013), con timidi segnali di ripresa coerenti con il lieve aumento, per il terzo anno consecutivo, del reddito disponibile delle famiglie e con il primo anno di ripresa del Pil dopo tre di recessione.
Al netto del costo dell’affitto (“figurativo”, secondo la definizone dell’Istat) la spesa media familiare è stata nel 2015 di 1.910 euro, in crescita dello 0,7% rispetto al 2014 e dell’1,9% rispetto al 2013.
«Si tratta di numeri inferiori alle aspettative – sostiene il presidente di Codacons Carlo Rienzi – Il segno positivo era scontato dopo 7 anni di continui tagli da parte delle famiglie: i consumi complessivamente sono calati di 80 miliardi. Di questo passo ci vorranno 30 anni per tornare ai livelli di consumi pre-crisi».
Più alimentare
Il livello medio della spesa alimentare è pari a 441,50 euro al mese (+1,2%). Secondo Istat si arresta la diminuzione della spesa per carni, in atto fin dal 2011, attestandosi a 98,25 euro mensili.
In realtà i dati della grande distribuzione, dopo l’allarme Oms sul presunto legame tra carne, insaccati e cancro, indicano vendite in picchiata tra novembre 2015 e i primi mesi dell’anno in corso.
Tornando ai dati Istat, la spesa per l’acquisto di frutta è aumentata del 4,5% (da 38,71 a 40,45 euro), quella per acque minerali, bevande analcoliche, succhi di frutta e verdura del 4,2% (da 19,66 a 20,48 euro).
Non food stabile
Diversa la situazione della spesa per beni e servizi non alimentari: 2.058 euro in media al mese contro 2.052 euro del 2014. Per il terzo anno consecutivo si riducono le spese per le comunicazioni (-4,2%), anche per l’ulteriore diminuzione dei prezzi.
Aumentano le spese per servizi ricettivi e di ristorazione (+11%, da 110 a 122 euro, dopo due anni di calo), e le spese per beni e servizi ricreativi, spettacoli e cultura (+4,1%, 126 euro).
Territori in ordine sparso
Intatte le differenze strutturali sul territorio, legate ai livelli di reddito, ai prezzi e ai comportamenti di spesa, con i valori del Nord più elevati di quelli del Centro e di Sud e isole. La Lombardia e il Trentino-Alto Adige sono le regioni con la spesa media più elevata, rispettivamente 3.030 e 3.022 euro.
La Calabria è invece la regione con la spesa minore, 1.729 euro mensili, inferiore di circa il 43% rispetto alla Lombardia.
Nelle città metropolitane la spesa media mensile è di 2.630 euro, nei comuni periferici è di 2.539 euro.
Stranieri al minimo
Penalizzati i consumi degli immigrati. Le famiglie di soli stranieri spendono in media 1.532 euro al mese, circa mille euro in meno di quanto spendono le famiglie di soli italiani, anche se queste ultime hanno in genere dimensioni più ridotte.
Più della metà della spesa delle famiglie di soli stranieri (54,1%) è destinata a prodotti alimentari e bevande analcoliche e ad abitazione, acqua, elettricità, gas e combustibili (al netto degli affitti figurativi). Questa quota è del 29,1% per le famiglie di soli italiani.
Emanuele Scarci – Il Sole 24 Ore – 8 luglio 2016