Il Collegio Italiano dei Chirurghi chiede di prorogare il termine fissato al mese di giugno 2012 all’esercizio della libera professione intramoenia allargata. “Se provvedimento sarà approvato, rischia di andare a scapito del paziente e dell’attività dei chirurghi”.
Il Collegio Italiano dei Chirurghi (CIC) attraverso il suo Presidente, Marco d’Imporzano, aveva già inoltrato nei giorni scorsi una lettera al Ministro della Salute Renato Balduzzi sull’Intramoenia Allargata. “Un provvedimento – sostiene il presidente del CIC – che, se approvato, rischia di andare a scapito del paziente e dell’attività dei chirurghi”.
Pertanto il CIC chiede di prorogare la scadenza oltre il 30 giugno 2012 e di riesaminare con le Società Scientifiche di Chirurgia tutta la materia nelle sedi opportune discutendo in particolare dei seguenti temi: libera circolazione delle professionalità e delle tecnologie; interscambio tra struttura pubblica e privata di professionalità e tecnologie; controllo assoluto delle aziende ospedaliere sui pagamenti e sulle ore di attività e sulla incompatibilità in presenza di strutture adeguate per spazi e tecnologie.
Punire chi agisce contro la legge. In ogni caso per d’Imporzano “i comportamenti individuali censurabili di rilevanza giudiziaria, evidenziati dai media, andrebbero assolutamente sanzionati ma non dovrebbero costituire un input per formulare provvedimenti legislativi”.
Nello specifico per il CIC “il disegno di legge porrebbe un nuovo limite all’esercizio della libera professione intramoenia “allargata” al 30 giugno del 2012 – così come stabilito dal Milleproroghe – mentre è evidente l’impossibilità che tutte le aziende ospedaliere riescano ad ottemperare all’obbligo di organizzare spazi, attrezzature, tecnologie in tempo utile per permettere ai chirurghi di esercitare dignitosamente questo loro diritto-dovere in strutture di non facile creazione ma irrinunciabili per l’espletamento della moderna chirurgia con tutte le sue implicazioni tecnologiche di avanguardia”.
“La critica – prosegue d’Imporzano – che sembra in parte superata dalle ultime indiscrezioni sulla riforma ‘Balduzzi’ trapelate in seguito alla discussioni in corso al Ministero della Salute con i capigruppo di Maggioranza e Presidenti delle Commissioni Igiene e Sanità del Senato e Affari Sociali della Camera, si applica alla completa chiusura della libera professione nelle sole mura del singolo ospedale e nella perversa modalità di essere impiegata come salvacondotto legalizzato per eludere le liste di attesa di modo che l’odioso fenomeno del convincimento in stato di necessità del paziente al passaggio dal pubblico al privato avvenga nello stesso ospedale e con il beneplacito della sanità pubblica. Non è nuovo alle nostre orecchie lo stimolo delle amministrazioni verso i chirurghi a darsi da fare affinché il reparto paganti ‘non sia solo un costo’”.
quotidianosanita.it – 5 aprile 2012