L’intossicazione da ammine biogene come l’istamina è un fenomeno ben conosciuto che è causato dal consumo di alimenti, in particolare alcuni tipi di pesce (es. sgombridi) e, in misura minore, formaggi sottoposti a maturazione. Nel 2003 la Food Standards Agency (FSA) aveva segnalato episodi di intossicazione nei bambini di scuole inglesi, probabilmente attribuibili alla presenza di istamina presente in alcuni tipi dei formaggio. Tra il 2001 e il 2007 sono stati riportati due casi, mentre tra il 2008 e il 2015 gli episodi sono stati circa una ventina. Le fonti individuate o sospette includono formaggi a base di latte sia crudo che pastorizzato, con concentrazioni di istamina comprese tra 850 e 1870 mg/kg (EFSA, 2011). I casi rilevati dalla FSA tipicamente riguardano bambini di circa 5 anni di età che consumano formaggi di tipo cheddar in prodotti come lasagne o maccheroni al formaggio, presso la scuola materna.
Alcuni di questi episodi hanno anche coinvolto gli adulti (es. personale dell’asilo), che hanno riportato sintomi simili, ma più lievi, dopo aver consumato o manipolato il formaggio utilizzato. Questo suggerisce che i bambini siano più sensibili ad elevati livelli di istamina, presumibilmente per il minore peso corporeo.
Il contenuto di istamina nel formaggio può variare considerevolmente: secondo la letteratura i più alti livelli di istamina sono stati rilevati nel Swiss (American) cheese (1470-5630 mg/kg) e nel formaggio a pasta dura Almkäse (1159,7 mg/kg).
La formazione di istamina è legata a fattori quali il loro pH, l’attività dell’acqua, la composizione, il profilo microbiologico, il tempo di vita commerciale e la temperatura (optimum tra 20°C e 37°C).
Negli alimenti possono essere presenti elevate quantità di ammine, anche come conseguenza dell’uso di materie prime di qualità scadente, contaminazione microbica, condizioni non corrette durante la lavorazione e cattiva conservazione. Le ammine biogene sono termostabili e non vengono disattivate mediante trattamento termico durante la produzione alimentare o la cottura da parte del consumatore.
Lunghi periodi di maturazione e l’uso di latte non pastorizzato, cagliate acide o colture starter che contengono alcuni tipi di microrganismi possono essere in grado di produrre livelli di istamina più elevati nei formaggi.
Nel Regno Unito, tra le possibili ipotesi legate all’aumento del numero dei casi di intossicazione da istamina contenuta nei formaggi, viene considerata, oltre all’impiego di materie prime scadenti o a scarsa igiene nei processi produttivi, anche quella della progressiva riduzione della quantità di sale.
Le Autorità sanitarie inglesi hanno infatti, negli anni passati, condotto una campagna molto aggressiva sulla riduzione del sale negli alimenti inducendo i consumatori a scegliere alimenti con ridotto contenuto di sodio. La domanda ha spinto l’industria alimentare a ridurre il contenuto di sale nel formaggio, che potrebbe aver influito sulla flora batterica dei prodotti sottoposti a maturazione/stagionatura aumentando o selezionando la crescita batterica con un aumento dei livelli di istamina. Attualmente le evidenze dell’associazione tra il contenuto di sale e la formazione di istamina sono contraddittorie, anche se l’EFSA afferma che l’effetto del sale possa inibire oppure stimolare la produzione di ammine biogene, a seconda del ceppo di batteri istamina-produttori (EFSA, 2011).
La FSA ha riferito che i produttori lattiero caseari più grandi e le catene di supermercati hanno fissato, a titolo cautelativo, dei valori guida di 500 mg/kg per l’istamina nel formaggio.
Al momento non paiono esserci rischi in Italia. I controlli non hanno sino ad oggi evidenziato la presenza significativa di istamina nei formaggi di produzione nazionale.
Leggi il documento dell’EFSA“Scientific Opinion on risk based control of biogenic amine formation in fermented foods”
COT paper on histamine in cheese (TOX/2015/19)
Fonte Ceirsa – 6 febbraio 2016