Nell’ultima riunione dell’Osservatorio sulle intimidazioni subite dai veterinari pubblici in servizio, che si è tenuta lo scorso 22 settembre al ministero della Salute, la delegazione del SIVeMP ha riproposto con decisione la necessità di istituire un fondo di garanzia che preveda forme di risarcimento per i danni causati dagli atti intimidatori collegati allo svolgimento dei doveri d’ufficio. Come è stato fatto notare in quella sede, un fondo con queste finalità rappresenterebbe un segno tangibile dell’impegno delle istituzioni a dare risposte concrete e a trasmettere alle vittime una maggiore fiducia nello Stato.
I veterinari pubblici subiscono aggressioni e intimidazioni, lo ricordiamo, perché sono deputati a far rispettare le leggi dello Stato e perché si impegnano a farlo.
Il SIVeMP, pur nella consapevolezza che avere la casa o l’auto incendiate non rappresenti solo un danno materiale, ma anche morale e psicologico, ha semplicemente chiesto che almeno per questo aspetto si trovino forme di risarcimento. Si tratta di un riconoscimento modesto, poca cosa a fronte della complessità e della drammaticità del fenomeno, che almeno rappresenterebbe però un segnale importante.
Dal Ministero sono venute parole di condivisione ma, è stato aggiunto, che non era possibile al momento individuare, vista la delicata fase di crisi economica, le possibili fonti con cui finanziare il fondo di garanzia. I rappresentanti dello stesso Ministero hanno chiesto agli altri componenti del tavolo di adoperarsi per reperire risorse “alternative”.
Sempre più notiamo come l’innegabile difficoltà del momento odierno diventi prioritaria in alcuni casi o lo sia, inspiegabilmente, molto meno per altri. Per fare esempi di quanto stiamo affermando non occorre neppure andare tanto lontano e scomodare sprechi in enti inutili, aerei e auto blu, diarie ai parlamentari.
No, basta rimanere anche solo nel campo della veterinaria pubblica e dei finanziamenti ad essa destinati. Eppure i segnali positivi non mancano. Recentemente il Ministero, lo stesso che fa presente ai nostri colleghi vittime delle intimidazioni di non avere i soldi per aiutarli a riedificare un tetto sopra la testa, ha concesso un finanziamento di un milione e mezzo di euro per lo sviluppo di un centro di pet therapy all’ISZVe. Iniziativa lodevole, destinata a una realtà veneta, per una attività innovativa in cui riponiamo sicure aspettative. Altre risorse andranno ragionevolmente destinate a finanziare un programma di controlli, in collaborazione tra Salute e Polstrada, sul trasporto internazionale degli animali e il loro benessere. Possibile, allora, che se ci sono queste sensibilità, non si riescano a trovare i fondi per assicurare i veterinari esposti a violenze e intimidazioni?
La coperta è corta, si diceva, e i fondi sono limitati. Ma siamo sicuri che lo Stato faccia tutto il possibile per incassare quanto gli è dovuto? Anche in questo caso non vogliamo entrare in macroquestioni, ma ci limitiamo a quello che è sotto i nostri occhi tutti i giorni. Prendiamo ad esempio le tariffe dovute dagli operatori economici per le prestazioni sanitarie in base alla legge 194 del 2008. In che misura vengono effettivamente pretese e versate? Qualsiasi rinuncia a incassarle arreca un danno economico alle casse pubbliche, alle attività di prevenzione e sanitarie. Se i fondi per garantire i servizi scarseggiano non si capisce perché rinunciare ad accrescerli pretendendo il dovuto. Questi proventi, salvo scelte politiche diverse, lo ricordiamo, dovrebbero in gran parte finanziare le attività dei dipartimenti di prevenzione. E allora perché non utilizzarli per le assicurazioni dei veterinari?
Non si può dire, insomma, che non ci sono i soldi per aiutare i dipendenti dello Stato vittime dell’illegalità e poi effettuare scelte che denotano scarsa sensibilità nello stabilire le priorità. La crisi, in una parola, non può costituire la scusa dietro cui si nascondono incapacità strategiche e gestionali.
Quanto all’Osservatorio sulle intimidazioni crediamo sia venuto il momento di un confronto fermo e di una valutazione serena. Dopo due anni di sporadiche riunioni e pochi passi avanti, sorge spontaneo chiederci quanto il ministero della Salute investa in questo organismo e fino a che punto avverta il disagio di tanti colleghi. Pur con la massima volontà di collaborazione il SIVeMP non può accollarsi ogni onere e responsabilità. Ci aspettavamo dal “nostro” Ministero un supporto importante in termini di immagine, di sostegno e di organizzazione. Fino ad ora tutto questo è mancato. Abbiamo supplito come SIVeMP predisponendo un questionario per dar modo ai colleghi, nostri iscritti o meno, di segnalare gli episodi di intimidazione. Ora abbiamo l’impressione che anche operazioni semplici, come apporre un logo del ministero o specifico dell’Osservatorio sul questionario – lavoro di un’ora, in fondo – diventino inspiegabilmente difficili e complicate. Da due anni chiediamo soluzioni concrete e da due anni avanziamo proposte in questo senso.
A questo punto vorremmo vedere anche l’impegno del Ministero. Impegno che testimoni che chi rappresenta lo Stato avverte la drammaticità del fenomeno. Diversamente saremo costretti a pensare che dei nostri colleghi vittime della violenza e del rispetto della legalità a nessuno importi.
Ricordiamo che stiamo chiedendo semplicemente di mettere il tavolo ministeriale nelle condizioni di fare il proprio lavoro.
Roberto Poggiani – 20 ottobre 2011