Da dove si deve partire?
Dal fatto che Ssn è una pietra preziosa che dobbiamo difendere e rilanciare facendo due cose: nuovi cospicui investimenti e riforma del sistema. Sulle risorse abbiamo iniziato in questa legge di bilancio, ma l’asticella dei 10 miliardi fino a fine legislatura è altissima. Poi bisogna avere il coraggio di riformare perché il Ssn è nato in un tempo in cui il Paese era diverso, da allora la piramide demografica si è radicalmente rovesciata: ci sono poche nascite e si vive più a lungo. Questo ha provocato un profondo cambiamento epidemiologico, sono esplose le cronicità a cui bisogna rispondere, in primis, attraverso il territorio. Per rafforzarlo abbiamo investito 235 milioni per strumentazione diagnostica di primo livello tra i medici di famiglia e 50 milioni per la farmacia dei servizi. Medici e farmacia sono due punti fondamentali di capillarità del nostro Ssn oggi non valorizzati al meglio.
Ma come si deve concretizzare questa svolta?
Penso che il modello della programmazione sanitaria, adottato dall’inizio degli anni duemila, con silos chiusi e tetti di spesa non regga più. La spesa va programmata diversamente a partire dalla centralità del paziente e del suo diritto alla cura. Il modello di oggi produce solo un’illusione di risparmio. Se metti il tetto sulla spesa del personale e poi, di conseguenza, ti esplode la spesa in beni e servizi è chiaro che stai solo spostando soldi, non risparmiando.
Come coinvolgere le imprese?
Dobbiamo rendere il Paese friendly per loro. Le imprese devono essere parte di questo patto. Nei prossimi 5 anni ci sono mille miliardi di investimenti a livello mondo sulla ricerca farmaceutica. Vogliamo stare a guardare o vogliamo fare di tutto per provare ad attrarre queste risorse? Io vorrei che una parte di questi investimenti arrivasse in Italia.
Intanto le farmaceutiche segnalano da tempo le forti distorsioni dei tetti nella farmaceutica.
Questo modello va radicalmente ripensato. Dobbiamo riequilibrare i due tetti della spesa farmaceutica nel più breve tempo possibile. Va trovato il veicolo normativo giusto e ci sto lavorando. E va ripensato il sistema del payback che come è oggi a me appare surreale. Quando dico che serve una riforma più profonda non ho dubbi che le imprese debbano sedersi al tavolo. La sfida è far coincidere l’interesse pubblico, per me sempre preminente, con i legittimi interessi privati. Il dialogo è già avviato.
Intanto un’altra partita, quella dei tetti all’acquisto delle prestazioni da privati è entrata nel Patto…
Quando sono arrivato al ministero c’era una vertenza aperta sul contratto del privato, non rinnovato da 12 anni. Ora, anche grazie a un emendamento in manovra, sono fiducioso che il contratto della sanità privata possa essere sottoscritto entro l’inizio del prossimo anno. Stiamo parlando di 99.500 persone che avranno le stesse condizioni del pubblico. È un bel passo avanti.
E i commissariamenti tanto invisi alle Regioni? Diventano una “extrema ratio”?
In generale i commissariamenti sono una sconfitta di tutti, nessuno può festeggiare se una Regione viene commissariata. Il commissariamento che abbiamo avuto in questi anni è un’arma che non sempre ha prodotto effetti positivi perché non distingue ciò che funziona da quello che non funziona. Servono modalità di intervento più specifiche, meno invasive e sulle singole aziende o per ambiti. Se non funziona una provincia si interviene lì, se non funziona la prevenzione è quell’area che va migliorata. Sulla questione del governatore-commissario, c’è una sentenza della Consulta da rispettare. Noi ci siamo presi 180 giorni per rivedere la materia. Io non vedo le ragioni per cui un Presidente, eletto democraticamente, non possa anche essere commissario. Ma è la mia opinione personale.
Tra le novità del Patto figurano l’impiego di medici a 70 anni e di specializzandi al terzo anno.
Tutti i territori ci dicono che siamo di fronte a un’emergenza dopo la cura da cavallo che ha subito il Servizio sanitario negli ultimi anni. Ora abbiamo messo più soldi e programmato nuove assunzioni, oltre alle stabilizzazioni con il prolungamento della legge Madia al 31 dicembre 2019. Chiediamo un aiuto, in una sorta di alleanza, a due generazioni diverse: puntiamo sia sui più giovani che sui più anziani in una logica di straordinarietà visto che l’indicazione vale solo fino al 2022. Quanto ai giovani medici, anticipiamo al terzo anno quanto era previsto dal decreto Calabria per il quarto e il quinto anno della specializzazione: potranno partecipare ai concorsi ed essere assunti a tempo determinato per poi passare a tempo indeterminato conseguita la specializzazione.
L’attuazione di questa norma è però ferma al Miur
Vero. Lavorerò per arrivare ad una accelerazione che sblocchi al più presto questo dossier.
Avete abolito il superticket, come giocherete la partita della revisione dei ticket in base al reddito?
Io voglio un Ssn a cui acceda sia un miliardario sia una persona in difficoltà economiche. Non promuoverò mai un provvedimento che colpisca i ceti medi. Perciò faremo tutte le valutazioni e gli approfondimenti del caso con una commissione apposita. L’obiettivo è un bilanciamento generale che aiuti chi è più debole ad accedere alle cure e che ponga la massima attenzione affinché neanche i ceti medi siano penalizzati.