Silvio Garattini del Mario Negri di Milano è il decano dei farmacologi italiani.
È sicuro il mix tra AstraZeneca e Pfizer?
«Uno studio inglese e uno spagnolo indicano che dopo AstraZeneca si può fare un vaccino a Rna messaggero, ottenendo un buon risultato dal punto di vista della risposta anticorpale. A livello di sicurezza non c’è problema. D’altra parte non ci sono ragioni teoriche per pensare che non si possano usare due vaccini diversi».
Il Cts ha detto che comunque non è pericolosa neanche la seconda dose di AstraZeneca. È corretto?
«I dati non indicano che abbia provocato dei problemi».
I cittadini possono essere obbligati a cambiare vaccino per la seconda dose?
«È difficile obbligare a fare un richiamo diverso. Io dico di essere pragmatici: lasciamo ai cittadini la scelta della dose, proprio per aumentare la copertura vaccinale».
Come è stato gestito il nuovo cambio di indirzzo su AstraZeneca?
«È stata fatta non poca confusione e infatti i cittadini hanno tanti dubbi, giustificati».
Di chi è la responsabilità?
«Il problema non le singole persone. È mancato un sistema di comunicazione efficiente da parte del servizio sanitario nazionale. Il responsabile finale è il ministero alla Sanità. Ha il compito di prendere decisioni e spiegarle bene».
La campagna con AstraZeneca è pregiudicata?
«Dal punto di vista mediatico certamente. Dal punto di vista scientifico, l’Ema ha ribadito che è un buon vaccino. Comunque anche l’industria ha fatto i suoi errori nella comunicazione».
Cosa è mancato nella comunicazione?
«Secondo me a livello governativo doveva esserci una persona che, con l’aiuto di altre, rappresentasse ogni giorno il parere dell’autorità sanitaria. Illustrasse cosa succedeva e le decisioni che venivano prese. Qui si danno annunci ma non si spiegano».
Come lavora il Cts?
«Ha una funzione di consulente.
Spetta alla politica prendere le decisioni finali, che devono tenere conto di componenti di vario tipo, anche economiche e sociali, e possono pure non seguire la scienza. I tecnici però devono mettere a disposizione solo pareri basati su quella. Invece l’impressione è che il Cts cerchi di venire incontro ai desiderata della politica».
Dopo quello che è successo rispetteremo i tempi per l’immunità di gregge?
«Siamo un po’ indietro. Oggi 14 milioni di persone hanno completato il ciclo vaccinale. Sono pochi. Altri Paesi sono più avanti di noi. E poi non che per l’immunità di gregge basti il 70% di copertura, che comunque significa 42 milioni di italiani. Ce ne mancano molti».
Il futuro è dei vaccini a Rna messaggero?
«Non lo sappiamo. Si possono fare giudizi comparativi quando ci sono abbastanza studi di questo tipo. E invece per ora le ricerche sui vaccini sono state condotte in modo diverso. E dobbiamo anche capire quanta immunità inducono i vari prodotti».
L’industria ci ha fornito rapidamente i vaccini, cosa ha guadagnato?
«Le aziende hanno attinto a conoscenze non sviluppate da loro ma dalla ricerca di base, con soldi pubblici. Poi hanno avuto grandi facilitazioni dal punto di vista economico, ricevendo decine di miliardi di euro. Chi è stato sottoposto agli studi ha partecipato gratuitamente. Le aziende avrebbero dovuto mettere a disposizione i loro prodotti per i Paesi a basso reddito. Hanno perso una grande occasione per mostrare solidarietà».
L’Italia non ha un suo vaccino.
«È impossibile che un Paese industrializzato come il nostro non possa fare i vaccini per suo conto. Se c’è bisogno di terza dose, se va cambiato il vaccino o fatto ogni anno, che facciamo, aspettiamo il grazioso compiacimento delle multinazionali che ci mandano quello che vogliono loro al prezzo che vogliono loro?».