La Stampa. In Veneto è stata trovata la variante inglese». L’annuncio a Santo Stefano arriva dallo stesso Luca Zaia in una conferenza stampa straordinaria dove il presidente della Regione, per fare fronte alle critiche sulla zona gialla delle scorse settimane, si presenta con al fianco Antonia Ricci, direttore generale dell’Istituto di zooprofilassi delle Venezie, che ha appena finito di sequenziare tre virus «con le mutazioni tipiche della variante inglese». La novità arriva dopo una vigilia di Natale difficile per il Veneto, in cui sono stati contati 5. 010 casi positivi per un totale di 87. 385 attualmente infetti, 94 morti e un tasso di positività del 36, 3 per cento, il triplo della media nazionale, scesi ieri complici le feste a 2. 523 positivi e 33 decessi. E mentre si registrano possibili varianti inglesi anche in Abruzzo, Campania, Lombardia e Puglia, è il Veneto l’unica regione di queste con l’indice di contagio Rt superiore a 1.
Dottoressa Ricci, in cosa consiste il suo studio?
«Nel corso di un progetto sul sequenziamento del virus in Veneto, partito l’estate scorsa, ci siamo resi conto che negli ultimi mesi stava succedendo qualcosa di nuovo. Lo studio mostra che su 37 virus isolati a novembre ben otto sono varianti generiche e su cinque tamponi esaminati a dicembre tre presentano le mutazioni tipiche della variante inglese».
Ne è proprio sicura?
«Per essere sicuri al cento per cento bisogna controllare tutto il genoma del virus, ma da un primo sequenziamento rapido per verificare immediatamente le parti che possono risultare simili alla variante inglese sembrerebbe proprio lo stesso ceppo».
Sembrerebbe o è così?
«Sono molto confidente che sia così perché le mutazioni sono identiche alla variante inglese. E poi c’è un elemento in più: le tre persone in esame provengono dall’Inghilterra».
Di chi si tratta?
«Sono italiani tornati a dicembre dall’Inghilterra per le feste. Due giovani e un poco più che quarantenne, che stanno tutti bene e hanno solo un po’di febbre e senso di stanchezza. Dopo il tampone antigenico rapido e quello molecolare positivi sono stati isolati e tutti i loro contatti sono stati testati, finora negativi tranne in un caso».
Non risulta poi così contagiosa questa variante…
«Intanto si è scoperto che è presente. Solo sequenziando più tamponi potremo capire quanto lo sia e se influisca. Considerando che a febbraio non c’erano mascherine e misure il sospetto è che la seconda ondata sia in qualche modo più contagiosa in Veneto come ovunque».
Come spiega l’incremento del tasso di positività a Natale?
«Non è un dato veritiero. Probabilmente c’è stato un accumulo dei conteggi dei giorni precedenti. Questo è un periodo particolare e i dati possono venire registrati in ritardo».
Un errore di comunicazione?
«Molto probabile che lo sia e verosimilmente nei prossimi giorni quel dato si abbasserà».
Insomma, la situazione è grave ma non così tanto?
«Sicuramente il virus è molto presente in Veneto, ma non a livelli drammatici. L’indice Rt è di poco sopra l’1 e bisogna lavorare perché vi torni sotto».
Perché il Veneto è la regione con più contagi?
«È successo l’opposto che in Lombardia. Nella prima fase il Veneto si è difeso bene e la popolazione è rimasta sostanzialmente intoccata. Questo paradossalmente ci svantaggia adesso, perché il virus magari in una variante più contagiosa trova le praterie. Va ricordato che qui la seconda ondata è partita in ritardo, per cui sta succedendo ora ciò che altrove è avvenuto un mese fa».
Non state pagando le settimane in zona gialla?
«Sinceramente non lo so, ma chiaramente il virus si diffonde tramite i contatti personali, dunque meno ce ne sono e meglio è».
Un’indicazione che varrà anche dal 7 gennaio?
«Bisognerà valutare la situazione in quei giorni, ma io mi occupo dello studio del virus e posso dare solo dei suggerimenti. Le decisioni sono di responsabilità della politica».
A cosa rivolgerà la sua attenzione nell’anno nuovo?
«Bisognerà completare questa ricerca con più sequenziamenti per avere un quadro completo di ciò che accade. È un virus nuovo di cui sappiamo ancora poco. Però ci tengo a dire che non c’è niente di drammatico: le varianti possono essere individuate e seguite e, anche se al momento questa paura è irrealistica, qualora il virus mutasse a tal punto da invalidare i vaccini proprio con un simile lavoro si pongono le basi per aggiornarli e contrastare efficacemente il Sars-Cov-2 in tutte le sue mutazioni»