Roberto Turno, dal Sole 24 Ore. Una road map a tutto campo contro gli sprechi in sanità: dal buco nero degli ospedali in rosso per 950 mln solo nel 2014, fino ai “buoni acquisti” anti illecito. La certezza che i risparmi realizzati il prossimo anno saranno reinvestiti in sanità. «Il 2016 può essere l’anno della svolta, un anno strategico», assicura la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin. Che considera quei 111 mld concessi al Ssn per il prossimo anno con la manovra chance per «fare tante cose, a partire dai nuovi Lea che saranno aggiornati ogni anno». E che per questo chiama le regioni a un ruolo di massima partecipazione per raddrizzare la barca del Ssn e rilanciarlo. Regioni con le quali, dice, non ha fatto polemica: «Le storture del federalismo le conosciamo tutti da sempre». E a medici e operatori sanitari riconosce l’onore delle armi: ««Ho visto in quali condizioni lavorano: in questi anni di crisi la sanità è stata tenuta in piedi dai loro sacrifici». Sarà la pace?
Ministro Lorenzin siamo certi che 111 mld basteranno il prossimo anno per la sanità?
Sono le risorse che abbiamo a disposizione per fare tante cose. A tante condizioni. Perché il 2016 può essere un anno di svolta, un anno strategico per cambiare, in meglio, la sanità pubblica. Garantendo più qualità e salvaguardando i più deboli, incidendo sulle disuguaglianze.
Per fare cosa, per cominciare.
Intanto per fare i nuovi Lea, un successo dopo 14 anni di attesa, con 840 mln in più. Li aggiorneremo ogni anno, calando sul campo le nuove scoperte per una appropriatezza che porti le cure più efficaci ai cittadini.
Eppure l’Italia non è certo al top per finanziamenti al Ssn.
Ma in questi anni s’è invertita una tendenza: da una crescita esponenziale fino al 2008 ai tagli lineari nel pieno della grande crisi con la Salute sotto il Mef. Dal 2013 la tendenza è cambiata: il ministero della Salute con la conferenza delle regioni ha ripreso le redini della politica sanitaria e i finanziamenti sono tornati a crescere.
Dica la verità, quanto servirebbe per il 2016?
Il problema non è il finanziamento, ma come lo si usa. In questa manovra viene stabilito tra l’altro che i risparmi realizzati resteranno dentro il Ssn, per reinvestirli in salute e riutilizzarli nel sistema. È stato un successo cruciale. Io spero che le regioni sappiano usare le leve che della manovra. Per risparmiare e reinvestire. È un impegno da mantenere insieme. Alla fine avremo vinto tutti, avremo fatto un vero cambiamento. Senza tagli lineari ma con una spending interna col bisturi.
A cominciare dai piani di rientro per gli ospedali-azienda in rosso. Un grande spreco con quei 950 mln di rosso totale nel 2014, a partire dalla perdita di 158 mln del San Camillo di Roma.
Un grave peccato. Finanziario e di salute. Che non nasce necessariamente solo dai singoli amministratori, ma viene da lontano. Problemi che non risolvi in un colpo e che vogliamo affrontare anche risolvere le gravi segnalazioni di deficit qualitativi. Ma senza computare gli investimenti in ricerca scientifica. Quella è spesa “sana”. Gli ospedali avranno tre anni per mettersi in regola, con i direttori generali massimamente responsabilizzati, fino alla rimozione. Ma la regola vera, lo ripeto ancora, è la qualità. L’assistenza che davvero danno gli ospedali. Quella sarà la cartina di tornasole per gli italiani.
L’altra mossa per cambiare sono i “buoni acquisti”, spending da 1 mld circa, con acquisti centralizzati e basta al fai-da-te locale. Fin dal 1 gennaio 2016.
Certo, è un altro passaggio decisivo. Che non a caso scatta fin dal primo giorno dell’anno nuovo. Sarà una cura totale di trasparenza. Non si sgarra più.
La manovra mette in campo dal 2017 al 2019 altri tagli: 4 mld già nel 2017, anche se non solo per la sanità. Non c’è il rischio di cristallizzare anche per gli anni a venire quei 111 mld?
Intanto pensiamo al 2016. Per i prossimi anni – una volta reinvestiti i risparmi, disinnescata con le nuove regole sulla responsabilità professionale la medicina difensiva, attuata la centralizzazione dei sistemi operativi con un unico linguaggio informatico per tutti, lanciata davvero la sanità digitale, evitati gli esami inutili – il quadro sarà diverso. Non dimentichiamo che stiamo parlando di una manovra espansiva, che genera fiducia e aumenta i consumi. Ci aspettiamo un aumento del Pil e da lì penso di poter recuperare risorse. Ma non possiamo permetterci di sprecare 1 euro.
Però dal 2017 può scattare qualcosa ancora…
Nella manovra è scritta quella che sarebbe una riduzione del tendenziale di spesa. In ogni caso non riguarderebbe solo la sanità e tutto verrebbe rinviato a un’Intesa. Nel momento in cui non è più il Mef a fare la politica sanitaria, ma sono le regioni che la fanno col ministero della Salute, è allora tanto più indispensabile che questo capitale di fiducia lo spendiamo tutti bene. E tutti insieme. L’unico modo è attuare il Patto per la salute punto per punto. Se si fallisce questo mandato rimangono solo delle macerie. In primis del Ssn.
Questa è la sfida di cui parla?
Oggi più che mai si deve gestire al meglio ciò che si ha, individuare le priorità e realizzarle con una programmazione pluriennale. Con una road map di interventi, di priorità e di misurazione dell’efficacia delle misure messe in campo per i prossimi dieci anni. Abbiamo qualche anno per svoltare, togliere le diseguaglianze che sono enormi e fare in modo che le regioni avanzate possano essere sempre più avanzate.
Pensa a un fondino per quelle “virtuose”?
Serve un meccanismo che premi le regioni virtuose, al quale però possano accedere anche quelle più indietro, se migliorano.
A proposito di regioni, il suo attacco le ha lasciate di sasso.
Ma quale attacco. Ho solo detto quello che tutti ci ripetiamo a tutti i convegni: il titolo V in questo modo non ha funzionato. Fin dalla sua nascita, col pasticcio delle materie concorrenti, per finire con l’Italia delle cure divisa in tante repubbliche. Magari adesso ci sono nervi scoperti, ma non ho accusato nessuno. Tanto che poi abbiamo fatto il Patto per la salute proprio per un progetto di riequilibrio del sistema. A un certo punto c’è stato un freno a mano sul Patto, ma adesso va pigiato di nuovo sull’acceleratore.
Ministro, con i medici i rapporti non sono idilliaci. Oggi celebrano gli Stati generali della professione.
Ho la massima considerazione e stima per i medici e per tutti gli operatori sanitari. Ho visto in quali condizioni lavorano. So che la sanità in questi anni di crisi è stata tenuta in piedi dal loro sacrificio, che hanno rinunciato ai rinnovi contrattuali, che c’è stato il blocco del turn over, che hanno orari di lavoro pesantissimi, che i giovani che non vanno avanti…
Il loro slogan oggi è «sanità a pezzi, meno diritti più disuguaglianza, ora basta». Condivide?
Ho detto che c’è disuguaglianza, frammentarietà di servizi, gap Nord Sud. Sono fatti reali e oggettivi. Che dobbiamo superare. Tutti insieme.
Il Sole 24 Ore – 21 ottobre 2015