Michele Bocci, da Repubblica. I reparti chiudono, gli interventi saltano, gli ispettori del lavoro entrano in corsia per controllare il rispetto dei turni. Il nuovo orario della sanità sta portando il caos in molti ospedali, con l’aggravante di interpretazioni differenti delle norme, anche all’interno delle stesse regioni. «Turni rivoluzionati, impossibilità a proseguire il lavoro oltre certi limiti, riposi forzati.
In un settore già carente di personale quest’ultima tegola comporterà un ulteriore affossamento del sistema sanitario», sentenzia da Napoli Francesco Corcione, presidente della Società italiana di chirurgia. Dal Piemonte alla Sicilia, dalla Campania alla Basilicata si denunciano difficoltà. Decine le operazioni saltate, tantissime le unità operative accorpate o chuse. L’episodio più eclatante ha riguardato Cagliari, dove il 10 dicembre è saltato un trapianto di rene. L’équipe chirurgica aveva lavorato già su tre donatori, è riuscita a fare il prelievo sul quarto ma poi si è fermata sostenendo di non voler superare i limiti del nuovo orario. L’organo così non è stato trapiantato in Sardegna ma in Piemonte. «Applicare i nuovi turni non vuol dire far saltare interventi – commenta Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti – A Cagliari, ad esempio, un’altra équipe poteva effettuare il prelievo. Grazie all’impegno dei colleghi, in Italia in questo mese le attività dei nostri centri si sono svolte regolarmente».
La norma di cui si discute ha reso operativa anche in Italia una direttiva europea la cui prima stesura risale addirittura al ‘93. Per assicurare riposo ai medici e agli infermieri prevede che in una settimana non si possa lavorare più di 48 ore, che i turni durino al massimo 13 ore e i riposi almeno 11. Tre numeri che hanno fatto sballare l’organizzazione di molti reparti italiani, dove si viaggiava con turni più pesanti a causa delle carenze di organico.
A Vercelli, i sindacati denunciano il taglio di 90 posti letto da parte della Asl, per riuscire ad assicurare copertura con i nuovi turni. Il direttore generale ha replicato che l’operazione ha a che fare con una riorganizzazione, non con l’orario. Anche ad Avellino sono in vista tagli di reparti e a Salerno dal primo gennaio si fermeranno due ginecologie, una pediatria, una ortopedia e alcuni day hospital. «Il direttore generale – dice Francesco Bruno della Cgil – ha chiaramente detto che per questo mese non ha applicato la nuova legge sugli ma dall’anno prossimi sarà obbligato a farlo. E per non chiudere i tre pronto soccorso dovrà agire su altri reparti». Anche a Bari si aspettano accorpamenti, mentre in Umbria sempre la Cgil denuncia una situazione «in cui la legge viene rispettata con un utilizzo abnorme delle reperibilità. Secondo noi anche in modo non corretto». La nuova norma prevede sanzioni per chi non è in regola e a Siracusa gli ispettori del lavoro si sono già presentati in ospedale per fare i controlli. «Ci sono Regioni che non hanno le idee chiare – dice Carlo Palermo, vicesegretario del sindacato degli ospedalieri Anaao – La Basilicata ha fatto addirittura una legge per calcolare le 48 ore settimanali come media su scala annuale, invece che quadrimestrale come prescritto dalla norma. Li abbiamo denunciati alla Commissione europea. Tantissime aziende in Italia si muovo per interpretazioni che non stanno né in cielo né in terra. A Roma ci sono ospedali che fanno alternare ai medici turni mattutini e notturni, cosa mai vista». Con l’orario che si è accorciato e il lavoro che è rimasto lo stesso, c’è un solo modo per uscirne, assumere. «A dicembre i turni sono stati coperti in fretta e furia, a gennaio la situazione diventerà esplosiva dice Massimo Cozza, segretario Cgil medici – Però ci vogliono risorse aggiuntive certe, non basta sperare solo ai risparmi delle Regioni». Il riferimento è all’annuncio del ministro alla Sanità Beatrice Lorenzin di arrivare all’assunzione di 6mila tra medici e infermieri grazie alle razionalizzazioni.
Ma oltre a problemi organitivi e di personale, la nuova norma solleva dubbi professionali. Almeno per certe specialità. «Il chirurgo, pena la decadenza assicurativa, deve riposare 11 ore dopo un turno – si chiede Corcione – Ma come può ignorare il problema di un paziente da lui operato se si manifesta proprio in quelle ore? Gli impiegati a fine turno possono davvero chiudere con il lavoro. Noi no. Questa legge va cambiata».
Repubblica – 20 dicembre 2015