Pagare le aziende agricole per non farle più lavorare. Questo in sintesi l’approccio che il governo olandese intende adottare nei confronti degli agricoltori per evitare che continuino ad inquinare. L’obiettivo ultimo è quello di tutelare le aree sensibili dal punto di vista ambientale. La strategia rientra nel piano da 25 miliardi di euro che i Paesi Bassi hanno deciso di investire per ridurre drasticamente le emissioni di azoto, decisamente eccessive in un territorio molto ridotto e pieno di allevamenti intensivi. Il piano finora è stato duramente contrastato dagli agricoltori, che nei mesi scorsi hanno protestato in massa, occupando le autostrade, appiccando incendi e attaccando le case dei ministri. Una mobilitazione tale da attirare il sostegno della destra europea. L’impatto delle manifestazioni ha indotto alle dimissioni il ministro dell’agricoltura Henk Staghouwer, dopo solo nove mesi di incarico.
Bonus o pene più severe
Al momento si tratta ancora solo di un progetto, ma la stampa olandese anticipa che la decisione finale è attesa già per questo venerdì 25 novembre. L’intento è pagare gli agricoltori che operano in prossimità di aree sensibili dal punto di vista ambientale il 120% del valore delle loro aziende per farle chiudere, se le loro attività sono altamente inquinanti. Il bonus, che potrebbe spettare a diverse migliaia di agricoltori, riceverebbero la liquidazione a partire dall’aprile del prossimo anno. Chi deciderà di non collaborare dovrà impegnarsi per soddisfare requisiti ambientali ancora più severi, secondo quanto dichiarato da fonti dell’Aia all’emittente televisiva Nos. In caso di superamento dei limiti di inquinamento da azoto, aziende agricole e fabbriche dovranno pagare un’imposta sulle emissioni, simile all’attuale sistema di gestione dell’anidride carbonica. Il sistema in definitiva non obbliga chi inquina a ‘chiudere bottega’, ma adotta il sistema della carota e del bastone. Soldi per chi dismette l’attività e regole più dure per chi decide di proseguire.
Proposta accolta con favore
Le reazioni al piano da parte delle organizzazioni degli agricoltori sono state parzialmente positive e accolte con “cauto ottimismo”. “È un’offerta allettante”, ha dichiarato il gruppo di pressione agricola Lto Nederland, mentre il gruppo di agricoltori militanti Agratie ha affermato che un sistema volontario è “una buona cosa”. Ottimismo anche da parte degli ambientalisti: il gruppo verde Mobilitazione per l’Ambiente (Mob), ritiene che il piano porterà a una notevole riduzione dell’inquinamento da azoto. Tuttavia, l’organizzazione naturalistica ritiene che il piano arrivi “con tre anni di ritardo” e si chiede con quali criteri il gabinetto valuterà le emissioni industriali. Decisamente diversa la valutazione da parte del Farmer-Citizen Movement (BoerBurgerBeweging – Bbb), diventato da movimento un vero e proprio partito, che ha guidato nei mesi scorsi la frangia più radicale delle proteste. “Il gabinetto vuole sedurre gli agricoltori con un bastone”, afferma l’organizzazione guidata da Caroline van der Plas a proposito del bonus per la cessazione dell’attività. Il Bbb si chiede anche come possa essere determinato il 120 per cento del valore delle aziende agricole, dato che quelle situate intorno alle aree Natura 2000 “hanno perso valore”.
Il negoziatore governativo sull’azoto Johan Remkes spera di chiudere circa 500/600 aziende agricole, insieme ad altri grandi inquinatori, per poter soddisfare i requisiti richiesti dall’Unione europea. Nel 2019 una sentenza del Consiglio di Stato aveva condannato il governo arancione, stabilendo che le emissioni eccessive di azoto stanno inquinando le zone di conservazione tutelate dall’Unione europea e note come aree Natura 2000. Da qui il piano ambizioso di abbattere le emissioni entro il 2030, che per le aree più vulnerabili sul piano naturalistico dovrebbero essere ridotte del 70%. Se la mossa sarà efficace dipenderà dalla valutazione di aziende agricole e allevatori. Il mese scorso l’Agenzia olandese per la valutazione ambientale (Pbl) ha dichiarato che i precedenti programmi negli ultimi 25 anni avevano ridotto solo di pochi punti percentuali il numero totale di capi di bestiame.
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