Violate le norme sulla qualità dell’aria. La commissione: 10 giorni per un nuovo piano Ma Galletti tira dritto: abbiamo già agito. Altri 8 Paesi rischiano la Corte di Giustizia
Il fiato dell’Ue sul collo dell’Italia è sempre più asfissiante. E il rischio che la Commissione porti il nostro Paese alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per le insufficienti risposte all’emergenza smog è tutt’altro che scongiurato. Le misure prese non bastano, bisogna fare di più. E in fretta, sostengono a Bruxelles. Altrimenti il deferimento alla Corte sarà inevitabile.
Se dovesse succedere, comunque, certamente non succederà nell’immediato. «Non prima di marzo», assicura una fonte comunitaria, che però riconduce il rinvio a «un vizio di forma» nella procedura di infrazione aperta e smentisce possibili collegamenti con le vicine elezioni. Sarà, di certo la riunione a Bruxelles è servita a prendere tempo.
Non solo all’Italia, visto che sul banco degli imputati ci sono altri otto Paesi. Tra questi figura la Germania, che rischiava seriamente di finire davanti ai giudici di Lussemburgo nelle prossime settimane. Sarebbero stati infatti i pesi massimi di Berlino ad aver spinto la Commissione a organizzare il mini-summit di ieri con il commissario all’Ambiente, Karmenu Vella. Un evento inedito che aveva come principale obiettivo quello di far tirare per un po’ il fiato ai governi coinvolti, nonostante l’aria pesante che si respira nei loro Paesi.
Però siamo già oltre i limiti, ambientali e temporali. «Le scadenze sono passate da tempo – ha sbottato ieri il commissario maltese – e non possiamo permetterci altri ritardi». Vella ha messo subito le cose in chiaro con i ministri di Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Repubblica Ceca, Ungheria, Romania e Slovacchia: «Il problema va affrontato con tutta l’urgenza necessaria». Perché, stima la Commissione, in Europa ogni anni 403 mila decessi prematuri sono attribuibili all’inquinamento dell’aria. Solo il nostro Paese ne conta 60 mila.
L’Italia, presente con il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, al tavolo europeo ha presentato il pacchetto di misure già definite nel corso degli ultimi mesi, senza ulteriori novità o annunci di altre iniziative. Il più significativo è il piano antismog siglato dalle Regioni della Valle Padana, che fissa, tra l’altro, i parametri di intervento delle amministrazioni locali, stabilendo quando attuare i blocchi del traffico, quali categorie di veicoli coinvolgere, e altre limitazioni, come ad esempio il divieto di attivare sistemi di riscaldamento a biomasse. Altra misura illustrata è il cosiddetto «decreto caldaiette», che mette in campo 900 milioni di euro per l’efficienza energetica delle caldaie, con incentivi fiscali fino al 65% della spesa per l’acquisto di quelle meno inquinanti; oppure il recente recepimento di una direttiva europea che fissa limiti più rigidi di quelli Ue per gli impianti «medi», tra 1 e 50 MW, che bruciano combustibili o gas fossili, biogas o biomasse; infine, le linee guida sulla limitazione delle emissioni in campo agricolo. Sullo sfondo, gli obiettivi fissati (ma per ora solo sulla carta) dalla Strategia Energetica nazionale, che (tra l’altro) prospetta 5 milioni di auto elettriche nel 2030 e la chiusura delle centrali a carbone entro il 2025.
«Abbiamo portato all’attenzione della Commissione tutto il lavoro fatto in questi anni – ha detto Galletti – che ha dato risultati evidenti in termini di miglioramento della qualità dell’aria: basti pensare che gli sforamenti, dal 2000 ad oggi, si sono ridotti di più del 70%». Una strategia che non convince però gli ambientalisti di Greenpeace e Legambiente, secondo cui si tratta di misure «in ordine sparso e attuate male». E che chiedono provvedimenti molto più drastici su trasporti, mobilità e riscaldamento.
La Stampa – 31 gennaio 2018