Non si spengono in Valbrenta le polemiche sul caso della discarica Melagon. Ad attizzare il fuoco è il sindaco di Valstagna Carlo Perli. «Gli amministratori dell’Altopiano sono immobili – dichiara senza tanti giri di parole – continuano a parlare e basta. Bisogna agire subito, pretendendo accertamenti e tavoli tecnici. In caso contrario ci muoveremo noi».
Sulla questione del possibile rischio inquinamento causato dalla discarica, attivata nel 2002 convertendo una ex cava dismessa, Valstagna vuol fare la sua parte. Secondo il primo cittadino, da quando è stato lanciato l’allarme, una ventina di giorni fa, dai sindaci dell’Altopiano non è stato fatto abbastanza, sia per informare le Amministrazioni coinvolte sia per richiedere immediati esami e accertamenti del materiale conferito. Il sito è già oggetto di indagini avviate dal Corpo forestale dello Stato e dall’Arpav, e di un’interrogazione presentata al consiglio regionale dal consigliere e componente della commissione ambiente Manuel Brusco. In essa si chiedono specifiche informazioni sia sulla gestione post-operativa della Melagon e l’individuazione di cosa vi sia stato conferito negli anni. Il dubbio è che, almeno nel fondo del sito, siano stati raccolti materiali inquinanti come piombo e farmaci, ma anche infiammabili e tossici, insieme a 12 mila tonnellate annue di rifiuti urbani indifferenziati. Tutto questo è inaccettabile per Valstagna, che sarebbe la prima a pagare per un’eventuale fuoriuscita di percolato, che in meno di 48 ore arriverebbe direttamente alle Grotte di Oliero, inquinando in modo irreversibile il sistema idrico. Un danno ambientale incalcolabile.
«Gli Amministratori dell’Altopiano devono fare qualcosa, subito – dichiara Perli – Si deve cominciare con l’istituzione di una conferenza dei servizi tra i proprietari del terreno, chi ha autorizzato la discarica, i responsabili della sicurezza, i tecnici, i politici regionali e tutti gli Amministratori coinvolti nella vicenda. Vogliamo essere informati sulla composizione chimica del percolato e su eventuali fuoriuscite di materiale anche nelle aree circostanti».
«Sotto la discarica c’è il vuoto»
Sotto la discarica Melagon, oltre qualche metro di roccia, c’è il vuoto. Un sisma farebbe finire i rifiuti, tra cui anche materiale potenzialmente pericoloso, nel dedalo di fessure sottostanti che portano l’acqua fino al bacino di Oliero.
È quanto denuncia il gruppo speleologico Settecomuni, prima delle associazioni a schierarsi contro la discarica ancora nella sua fase progettuale.
L’epicarsismo, ovvero l’insieme di tutte le forme di erosione prodotte dal ruscellamento delle acque, nei secoli produce un intreccio di fratture che si allargano sempre di più. «Se crolla la roccia – dichiara Corrado Corradin del gruppo speleologico 7C – si può generare un inquinamento senza precedenti».
La questione della discarica Melagon è emersa durante un recente convegno sulla tutela ambientale ad Asiago. Realizzata dalla Comunità Montana nel 1997, entrata in funzione nel 2001, ceduta ad Ava srl di Schio nel 2006, da quest’anno la discarica è dichiarata definitivamente chiusa. A far strabuzzare gli occhi ai speleologi altopianesi in questo periodo sono state le tante dichiarazioni e le prese di posizione di chi era già al corrente, o avrebbe dovuto esserlo, visto che la criticità della scelta del sito era stata più volte puntualizzata.
«Si parla tanto di percolato, ma il vero problema è il fenomeno dell’epicarsismo nell’area – illustra Corradin – che potrebbe far “inghiottire” nel sottosuolo l’intera discarica, come confermato dalle scoperte speleologiche nelle cave limitrofe». «Il conferimento di sostanze di dubbia provenienza – continua – dai residui di pulizia stradale ai rifiuti misti delle attività di costruzione o demolizione, è stato regolarmente autorizzato. C’è da chiedersi perché solo ora sia emersa la questione Melagon».
Il gruppo speleologico Settecomuni da anni è impegnato a denunciare l’occultamento nel sottosuolo di discariche varie. Dalla denuncia su altri siti inquinanti, alla segnalazione della presenza di discariche abusive dimostrate con termografie fatte dall’alto, alla scomparsa della Voragine di Ca’ Oneste, completamente riempita di rifiuti.
«Noi del gruppo speleologico queste cose le denunciamo da sempre – prosegue Corradin – Tanto che i lavori di Monica Celi della commissione scientifica della Federazione speleologica veneta e lo studio di Gianluigi Boccalon sono stati commissionati dal gruppo speleologico Settecomuni. Da quarant’anni il nostro gruppo denuncia i pericoli di inquinamento delle acque nel territorio carsico dell’Altopiano. Le conferenze e le lezioni scolastiche sull’argomento sono state centinaia. Dal 2006 inoltre abbiamo organizzato manifestazioni come “Puliamo il Buio”, dedicato alla bonifica delle grotte utilizzate come discariche, e abbiamo realizzato un Museo dell’Acqua dove queste problematiche sono l’argomento di centinaia di visite. Continuiamo a promuovere la conoscenza del territorio grazie alle ricerche sul campo e alla divulgazione – conclude Corradin – auspicando che le future generazioni ne facciano tesoro».
Il Giornale di Vicenza – 18 aprile 2016