Professoressa Sofia Pavanello, lei è un medico del lavoro e una ricercatrice dell’Università di Padova inserita nel team internazionale che analizza il legame tra i rischi per la salute e l’esposizione a miscele di sostanze chimiche. Cosa rischia chi ha bevuto o ingerito attraverso il cibo l’acqua contaminata da Pfas?
«Al momento non ci sono dati scientifici così evidenti sulle conseguenze di questi inquinanti sulla salute umana, ma dai primi studi sembra che i più esposti siano i soggetti che abbiano mangiato tanto pesce contaminato. Attenzione, parliamo di quantità molto elevate: per esempio può essere a rischio una persona che pesa 80 chili e abbia ingerito 80 microgrammi di Pfas».
Deve preoccuparsi chi ha mangiato carne di bovini che abbiano bevuto l’acqua contaminata?
«Non ci sono evidenze scientifiche, così come per il latte».
E la frutta e la verdura irrigate ricorrendo ai pozzi privati?
«In questo caso è meglio ricorrere al principio della prevenzione, come suggeriscono le ordinanze dei Comuni. Per esempio si consiglia di usare l’acqua dei pozzi per lavare le stoviglie ma non per abbeverare gli animali. Sono misure prudenziali. E’ invece compito dei proprietari dei pozzi dotarli di opportuni filtri per garantire la salubrità dell’acqua».
Nel caso di ingestione di grandi quantità di Pfas, qual è il pericolo?
«In caso di esposizione molto elevata stando agli studi condotti dall’Aesa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare con sede a Parma, si possono manifestare danni al fegato. Se l’esposizione è elevatissima, si rischiano anche disturbi dello sviluppo e nella riproduzione».
C’è anche il pericolo di contrarre il cancro?
«La scala dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro classifica le Pfas come 2B, quindi a un livello di rischio infinitesimale».
Come proteggersi?
«Le Pfas sono sostanze non presenti in natura, la cui concentrazione in determinati ambiti va attentamente controllata e poi tenuta sotto monitoraggio dal punto di vista tossicologico, ma che incrociamo tutti i giorni. Sono presenti per esempio negli involucri di plastica, che maneggiamo senza problemi, perchè a bassa concentrazione».
La contaminazione può avvenire anche per contatto, sempre in quantità elevate?
«E’ improbabile, perchè l’assorbimento da parte della pelle è molto rapido solo in caso di sostanze grasse».
Cosa consiglierebbe agli agricoltori e agli allevatori che devono usare i pozzi artesiani?
«Di analizzarne l’acqua. Che può essere contaminata non solo da Pfas ma anche da farmaci, come gli antibiotici, e droghe, purtroppo smaltiti nell’acqua ma intercettabili da filtri particolari. Sono misure di tutela da adottare. E’ del 2005 il caso della cocaina scoperta nel Po, per esempio».
M.N.M. – IL Corriere del Veneto – 22 aprile 2016