di Luca Cifoni. Un gigante senza testa: è questa la fisionomia che sempre di più nelle prossime settimane rischia di assumere l’Inps, l’istituto che conta oltre 22 milioni di iscritti e paga ogni mese un numero quasi analogo di pensioni, oltre ad assicurare milioni di ulteriori prestazioni assistenziali. Ai compiti per così dire ordinari, si aggiungono in questo inizio di 2015 una serie di impegni legati all’attuazione di misure-chiave della manovra finanziaria voluta dal governo Renzi: dal cosiddetto bonus bebé all’operazione Tfr in busta paga.
Negli ultimi tempi la situazione ai vertici dell’istituto è stata a dir poco movimentata. Dopo le dimissioni di Antonio Mastrapasqua, un anno fa, alla guida si sono succeduti due commissari straordinari, Vittorio Conti prima e Tiziano Treu poi. È stato quindi nominato un nuovo presidente, l’economista bocconiano Tito Boeri che però non potrà insediarsi prima di marzo e dovrà oltre tutto superare le perplessità sull’adeguatezza del suo curriculum rispetto ai requisiti previsti dalla legge. Dal primo gennaio è scaduto anche il mandato del direttore generale Mauro Nori, che in tutto questo tempo aveva assicurato la continuità operativa dell’istituto. Su una sua conferma non sono stati sollevati particolari problemi da parte del governo (la nomina spetta al ministro del Lavoro, Giuliano Poletti) ma finora non se ne è fatto nulla a causa delle differenze interne allo stesso esecutivo sul percorso procedurale da seguire. La strada ipotizzata dal ministero del Lavoro prevede infatti un mandato triennale con eventuale decadenza automatica nel momento in cui sarà approvata la nuova governance dell’istituto (questione dibattuta da tempo immemorabile, che aveva avuto un certo impulso subito dopo l’uscita di Mastrapasqua per poi tornare ad arenarsi). Palazzo Chigi vorrebbe invece una proroga di un solo anno, in modo da tenersi le mani libere per le scelte future: ma questa via presenta a quanto pare controindicazioni giuridiche non facilissime da superare. Nel frattempo Nori può operare limitatamente all’ordinaria amministrazione. Ma passati 45 giorni dalla scadenza, ossia il prossimo 15 febbraio, non potrà più occuparsi nemmeno di quel tipo di atti e soprattutto non potrà firmarli. Per l’Inps, anche se il commissario Treu è ancora formalmente al suo posto, questo non è naturalmente l’assetto ideale. Appena pochi giorni fa è stato dato il via libera alla convenzione con i centri di assistenza fiscale (Caf) che avevano lamentato l’impossibilità di applicare il nuovo Isee, l’indicatore di situazione economica che è stato profondamente rivisto ed è richiesto per una serie di prestazioni assistenziali, dall’accesso agli asili nido comunali alle riduzioni delle rette universitarie. Ma ora altre scadenze premono, a partire dall’avvio del bonus bebé, per il quale l’istituto è chiamato ad accogliere le domande dei genitori interessati (per i figli nati o adottati tra il primo gennaio di quest’anno e il 31 dicembre 2017) e poi provvedere – con relazioni mensili – al monitoraggio della spesa relativa al progetto, per evitare che ecceda le risorse finanziarie disponibili.
Insomma, servirebbe una macchina nel pieno delle proprie funzioni. Per di più nelle prossime settimane il governo potrebbe trovarsi a dover gestire un percorso di nomina più complicato del previsto per il presidente Boeri, designato a sorpresa nella riunione del Consiglio dei ministri della vigilia di Natale. Una scelta attribuita alla volontà dello stesso Matteo Renzi e che si può leggere come un segno di rinnovamento delle politiche in materia di welfare, ma che sarebbe anche collegata ad una certa irritazione del presidente del Consiglio per l’attivismo del commissario Treu. Che da molti era visto come il candidato naturale alla presidenza dell’istituto, una volta esaurita la fase com missariale. Boeri ha incassato il parere favorevole del consiglio di vigilanza dell’istituto, ma la sua nomina incontra qualche difficoltà in Parlamento. Le norme che regolano il funzionamento degli enti previdenziali, riviste su questo punto specifico nel 2010, prevedono che il presidente dell’Inps sia scelto «in base a criteri di alta professionalità, di capacità manageriale e di qualificata esperienza nell’esercizio di funzioni attinenti al settore operativo». Requisiti che – in particolare per quel che riguarda l’esperienza manageriale – potrebbero non essere riconosciuti al professor Boeri, che di previdenza e politiche sociali si è sempre occupato da accademico e da economista, senza però assumere incarichi di gestione diretta di una struttura attiva nel settore, anche meno complessa di quella dell’Inps.
Il Messaggero – 26 gennaio 2015