I lavoratori ci vogliono credere ma la parola del presidente dell’Inps, che ha assicurato la ricollocazione, non basta. Resta infatti incerto lo strumento che permetterà di rimediare, visto che la legge che cancella l’Inpdap sarà pubblicata e avrà effetto immediato.
Preoccupano poi le ripercussioni generali dell’operazione di accorpamento degli enti previdenziali che ufficialmente viene motivata con l’esigenza del controllo della spesa e del risparmio. Ma il timore è che dietro ci sia ben altro. “Io mi scandalizzo perché non vedo alcun beneficio per cittadini da una simile operazione, nemmeno il risparmio di risorse. Mi spieghino il nesso con la crisi economica, se mai ve n’è uno. Che non sia la crisi delle banche. Mi scandalizzo perché, per favorire i privati, si abbatte il sistema pubblico”, scrive al Fatto Cristina Brunelli, dipendente della sede Inpdap di Verona interessata a 5-6 procedure di mobilità. “Sopprimere il primo polo di previdenza pubblica, con costi di gestione peraltro più bassi rispetto all’Inps, a rigor di logica significa favorire la previdenza privata. Immaginiamo per un istante cosa può significare sopprimere un Istituto che controlla previdenza e credito di tutti i dipendenti pubblici italiani (sanità, scuola, militari, enti locali, ecc)… spese di implementazione di programmi, formazione del personale, riorganizzazione delle sedi. Spese, spese, spese. E soprattutto un disservizio che favorirà la rincorsa disperata a sistemi di previdenza privata. In primis, una corsa ai Fondi di Previdenza Complementare di cui i Sindacati sono co-gestori. Si potrà dire che il Super Inps non funziona. Quale ghiotta occasione per svenderlo alle banche, con l’enorme flusso di liquidità che ciò potrebbe comportare?”.
La geografia degli interessi in campo, secondo Massimo Briguori (Usb), non esclude nessuno. “L’accorpamento degli enti previdenziali comporta che in una sola società pubblica confluiscano 400 miliardi di euro. Nemmeno il ministero del Tesoro si ritrova un portafoglio simile da gestire. Che fa ovviamente gola alle banche. Sopprimere il secondo ente previdenziale del Paese significa dare una spinta maggiore a chi sostiene che ci sia bisogno della previdenza complementare e di privatizzare il settore sostituendo al soggetto pubblico quello privato. I sindacati non sono immuni da interessi visto che sono pochi giorni fa Bonanni è tornato a chiedere l’obbligatorietà della previdenza complementare”. C’è il mondo della finanza che preme per gestire la partita del credito e dei mutui che vale due miliardi l’anno. Ci sono gli appalti a sei zeri. “Se il patrimonio immobiliare è il grande business del decennio scorso, la rete dei sistemi informatici è quella di oggi. Solo le commesse per la gestione dei database dal 2004 al 2009 hanno mosso commesse per 500 milioni di euro”.
E poi ci sarebbero i partiti, le lobby e i gruppi di potere per i quali il controllo sulla mega-struttura significa voto di scambio legato ai posti di lavoro e sottogoverno. “Chi siederà sulla poltrona del super Inps avrà un potere senza contrappesi, totale. Il Presidente Napolitano farà anticamera alla sua porta”, sostiene Briguori. “Le logiche spartitorie sono chiare. A capo del superente per designazione diretta di Gianni Letta siederà fino al 2014 Antonio Mastrapasqua, attuale presidente Inps e in quota al Pdl, il presidente Inpdap Paolo Crescimbeni è in quota An mentre quello dell’Inail è in quota Lega”.
Anche il Pd giocherebbe la sua partita, ma secondo una visione propria che punta alla coesistenza dei sistemi pubblico e privato. “Nel 2006 Romano Prodi aveva già ipotizzato l’idea di una super-holding ma divisa in due rami autonomi nella governance e non subalterni. Del resto c’è una parte del centro sinistra che presta il fianco ai sindacati e alle banche di riferimento che vorrebbero partecipare attivamente alla gestione dei fondi pensione e all’organizzazione del nuovo ente unico”.
Ora tutti gli occhi sono puntati sullo strumento che si adotterà per bypassare il decreto di luglio che è legge. E infatti la protesta continua. Il 28 dicembre è convocata una nuova assemblea a Roma che non esclude più incisive iniziative di lotta. Anche perché la vicenda dei lavoratori dell’Inpdap è solo un assaggio di quello che sta per accadere nel pubblico impiego: “Altre procedure di mobilità sono in corso presso il Ministero della Difesa per circa 2mila unità, al Ministero di Grazia e Giustizia si chiudono uffici e altri esuberi si stanno preparando nelle direzioni provinciali del Tesoro che saranno poste in capo alle regioni, la ciliegina sulla torta dei dipendenti delle province arriverà presto”, spiega Briguori. “Ancora non si è percepito ma la situazione sta per esplodere. Ed è solo l’inizio perché la finanziaria del governo Berlusconi ha disposto il taglio del 10% degli organici nella pubblica amministrazione. Con l’accorpamento degli enti previdenziali la nuova Inps arriverà a 30mila dipendenti e per 3mila scatta l’incubo della mobilità con la prospettiva della cassa e del licenziamento. Non c’è dubbio, il governo Monti in continuità con quello precedente, ha stabilito il controllare della spesa pubblica non si fa tagliando sprechi e privilegi ma tagliando gli organici”. Da qui, la decisione dei sindacati di categoria di indire uno sciopero generale per il 27 gennaio.