Il Corriere Veneto. Entro il 2050 il Veneto sarà la prima regione d’Italia per esposizione al rischio dei cambiamenti climatici, di inondazioni, innalzamento del livello del mare e caldo record. La quarta in Europa, la 74esima a livello mondiale. È uno scenario pessimistico ma non lontano e non può essere ignorato perché i fenomeni sono sempre più frequenti ed evidenti: un cambio di rotta sta diventando sempre più necessario.
Le proiezioni sono state elaborate da Xdi, una società australiana specializzata nella valutazione dei rischi climatici per investitori e analisti finanziari, basandosi su calcoli elaborati dagli esperti dell’Ipcc, foro scientifico delle Nazioni Unite (è il gruppo intergovernativo che studia l’ambiente e il riscaldamento globale). Questo allarme arriva nei giorni in cui i tanti turisti che hanno scelto di visitare Venezia per il carnevale si trovano di fronte a canali in secca come mai era successo prima, e nell’anno che segue la grande siccità del 2022, in cui bacini, falde e fiumi sono diventati distese arse. I casi che possono essere riferiti al cambiamento climatico, solo in Veneto, sono tanti da elencare e raccontare: bastino i due di maggiore portata degli ultimi anni, la tempesta Vaia del 2018 nel Bellunese e l’acqua granda in Laguna del 2019.
«Questi risultati sottolineano l’importanza di valutare il rischio climatico fisico nei mercati finanziari, data l’entità degli investimenti rappresentati dagli asset a rischio nelle regioni individuate, la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento globali e la necessità di informare sulla resilienza climatica – spiega il Ceo di Xdi, Rohan Hamden -. È fondamentale che le aziende, i governi e gli investitori comprendano le implicazioni finanziarie ed economiche del rischio climatico fisico anche nel proprio processo decisionale, prima che i costi si aggravino oltre i limiti finanziari». L’Europa, dice, dovrà mostrare di avere «solidi piani di adattamento per città e regioni ad alto rischio».
Le conseguenze di ciò che succede al clima e al territorio da decenni viene sintetizzato in otto fenomeni: inondazioni fluviali e superficiali, inondazioni costiere, caldo estremo, incendi boschivi, movimenti del terreno legati alla siccità, vento estremo e gelo-disgelo. Gli esperti di cambiamenti climatici hanno preso in esame 2.600 territori in tutto il mondo per classificare lo stato di vulnerabilità entro i prossimi 27 anni. Le prime nove posizioni della graduatoria sono cinesi, in decima posizione la Florida (Usa), poi altre sette posizioni cinesi, e a seguire territori di India, Pakistan, Indonesia, Brasile, Stati Uniti, Argentina e Giappone. Cina, Usa e India rappresentano l’80% delle prime 50 posizioni della classifica di Xdi: e sono anche i tre motori dell’economia mondiale. Per chi intende investire o aprire una fabbrica è importante sapere che quei territori sono potenzialmente a rischio. In Europa il rischio è ritenuto più circoscritto e localizzato (principalmente inondazioni superficiali o costiere) ma esiste e deve far riflettere. La prima collocazione europea è della Bassa Sassonia tedesca, poi le Fiandre in Belgio e Krasondar, in Russia. E poi, al 74esimo posto globale, appare il Veneto. Prima di aree cinesi, vietnamite, prima di Taiwan, di stati americani, di territori brasiliani e indiani. La seconda Regione italiana è la Lombardia, al 117esimo posto, al 133esimo c’è l’Emilia-Romagna. Il Nord Italia produttivo è quello più in pericolo: tre Regioni nella «top ten» europea.
Gli autori dello studio invitano tutti i governi (non solo chi è in lista) a prevedere politiche di riduzione delle emissioni nocive, in modo da limitare il riscaldamento globale e le conseguenze ambientali che causerà. Un suggerimento arriva anche da Luca Iacoboni, responsabile programmi nazionali di Ecco, think tank italiano per il clima: «Il costo dell’inazione è di gran lunga più alto di quello che si dovrebbe sostenere per mettere in campo efficaci azioni di mitigazione e adattamento. Serve allineare gli investimenti pubblici e incentivare quelli privati verso la vera decarbonizzazione. La revisione del Pnrr dovrà fornire segnali importanti per il settore privato e gli investitori».