Valentina Arcovio. Anche i farmaci biologici di marca potranno essere sostituiti con prodotti generici simili. Con uno storico documento, il Secondo Position Paper sui Farmaci Biosimilari, l’Aifa, l’Agenzia italiana per il farmaco, riconosce che i farmaci biosimilari sono in tutto simili ai corrispondenti farmaci biologici «griffati», aprendo così le porte a un mercato in espansione come, appunto, quello dei biosimilari. Con un calo dei prezzi tanto auspicabile quanto prevedibile.
Significa che costosissimi farmaci, come gli anticorpi monoclonali per il cancro o l’interferone per l’epatite, potranno avere il loro corrispettivo «clone» economico. Così come l’insulina, fattori di crescita, enzimi, emoderivati: insomma, tutti quei farmaci indispensabili per la cura di malattie gravi e croniche, ma complessi e sofisticati e, per questo, molto costosi: sono infatti prodotti non tramite sintesi chimica, ma tramite procedimenti basati su sistemi viventi come microrganismi o cellule animali.
Con la nuova posizione dell’Aifa, presentata ieri a Roma, si prevede un risparmio per la Sanità di almeno 2 miliardi in 5 anni. «I medicinali biosimilari sono una risorsa terapeutica importante e un’opportunità per contribuire a garantire sempre più la risposta al bisogno di salute emergente. In sinergia con i farmaci biologici possono fornire risposte al problema del sottotrattamento per numerose patologie, garantendo l’accesso alle terapie a un numero sempre maggiore di pazienti», dichiara il direttore generale dell’Aifa, Mario Melazzini. Perché con questa nuova politica le ricadute sui pazienti potrebbero essere importantissime, considerato che sarebbero almeno 200 mila coloro che non hanno accesso alle cure biologiche.
«Proprio nel momento in cui si avvicinano alla scadenza brevettuale numerosi farmaci biologici – dice Melazzini – l’Aifa ha voluto rilasciare questo Position Paper per chiarire gli aspetti scientifici, regolatori e normativi che riguardano i farmaci biosimilari. Questa categoria di medicinali è infatti simile ai prodotti originatori biologici di riferimento per efficacia, qualità e sicurezza e rispetto ai quali, inoltre, possiedono il medesimo rapporto beneficio-rischio».
Pur concordando sull’efficacia e la sicurezza dei biosimilari, Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, è invece preoccupato delle possibili ricadute pratiche. «Mi auguro sia lasciata nelle mani del medico la scelta di dare il farmaco più appropriato in base alle caratteristiche del paziente – dice -. Però il rischio è che vengano fatte gare a intercambiabilità per mettere nelle mani del medico solo un farmaco, che sia biologico o biosimilare: potrebbe vincere anche il biologico e a quel punto non sarebbe giusto per il biosimilare».
Il documento dell’Aifa arriva quando un’indagine, condotta da Ernst&Young per l’Italian Biosimilars Group, fa luce sulla disparità nell’accesso ai farmaci. Sia che si tratti di medicinali biologici sia di medicinali tradizionali, in Italia c’è un problema di accesso alle terapie perché abbiamo sistemi sanitari regionali che viaggiano a 21 velocità diverse. «Ci sono Regioni in cui i pazienti hanno accesso quasi immediato ai farmaci e altre in cui ci vuole un centinaio di giorni», sottolinea Scaccabarozzi. Vittime dei disservizi 200 mila pazienti, soprattutto con malattie autoimmuni: non verrebbero curati con farmaci biologici pur avendone necessità.
La Stampa – 28 marzo 2018