Revisione della normativa igienico-sanitaria, indennizzi anche indiretti per i periodi di ‘fermo’ obbligatorio, aiuti per investire negli allevamenti e sostenere delocalizzazioni e misure di biosicurezza, nuove regole urbanistiche per gli stabilimenti della filiera avicola: sono le proposte formulate oggi dai rappresentanti delle imprese e delle categorie economiche del settore avicolo in merito all’emergenza aviaria, al tavolo di crisi convocato dagli assessori regionali all’Agricoltura e alla Sanità.
“La Regione Veneto, con l’aiuto dei rappresentanti delle associazioni professionali di settore, metterà ora a punto un pacchetto di richieste puntuali – ha promesso Giuseppe Pan titolare del referato per l’Agricoltura e il settore primario – che condividerò martedì prossimo 12 settembre a Milano, con i colleghi della Regioni Lombardia ed Emilia Romagna e della provincia autonoma di Trento. L’obiettivo è coordinare le richieste delle maggiori regioni produttrici per fare pressing sul governo al fine di ottenere adeguate misure in favore dell’industria avicola. Il Veneto è leader in Italia nella produzione di polli e tacchini e, purtroppo, quindici anni di focolai di influenza aviaria rischiano di mettere in crisi il potenziale produttivo e occupazionale dell’intera filiera”.
Nel corso del 2017 la Regione Veneto è stata interessata da 16 focolai e 18 abbattimenti preventivi, che hanno comportato l’eliminazione di oltre 254 mila capi (per l’85% tacchini) in particolar modo nella Bassa Veronese (che produce il 70% della carne di tacchino e il 50% della carne di pollo), nella Bassa Padovana, nel Polesine, e nel Veneziano. Per i danni diretti (indennizzo degli animali e spese operative/connesse) sono stati sinora corrisposti 2.638.145,11 euro; ulteriori indennizzi per un milione e 300 mila euro, sono in arrivo.
Gli indennizzi per i capi abbattuti non ristorano, tuttavia, gli allevatori dei danni indiretti subiti a causa del fermo obbligatorio e dei collegati divieti di movimentazione e di accasamento. La rilevazione infatti di un focolaio dell’epidemia impone, ai sensi della normativa comunitaria, l’abbattimento di tutti gli animali dell’allevamento e la creazione di una zona di protezione, di 3 km di diametro dal focolaio, ed una zona di sorveglianza di diametro di 10 km dal focolaio. In queste zone oltre ad essere vietato il cosiddetto “accasamento”, cioè la reintroduzione di animali in allevamento, sono inoltre previsti limiti diversificati alla movimentazione degli animali anche a fini della macellazione. Il divieto di accasamento dura fino a 30 giorni dall’ estinzione del focolaio e, pertanto, oltre al danno diretto e immediato dovuto all’abbattimento e distruzione degli animali, gli agricoltori interessati si trovano a subire i danni “indiretti”, da mancati redditi, dovuti alla mancata possibilità di allevare gli animali.
“L’istituzione regionale è pronta a fare la propria parte – ha assicurato l’assessore all’Agricoltura – e siamo già al lavoro per individuare una specifica misura nel Programma di sviluppo rurale che renda disponibili fondi comunitari per le imprese avicole che investano in biosicurezza e in nuove tecniche di allevamento. Il budget ipotizzabile per questo tipo di misura ammonta a 5 milioni di euro”.
Quanto al sistema sanitario regionale (al quale fanno capo la sicurezza alimentare e veterinaria), l’assessore di comparto Luca Coletto ha assicurato la massima disponibilità a recepire le richieste di adeguamento normativo formulate da associazioni e categorie, già a partire dalla prossima legge di semplificazione attualmente al vaglio del Consiglio regionale.
“Abbiamo chiesto ai rappresentanti convenuti al tavolo di crisi – concludono i due assessori veneti – di istituire tavoli tecnico-operativi per formulare un dettagliato pacchetto di interventi, da condividere con le altre regioni e sottoporre ai due ministeri competenti, per ripensare le strategie di sviluppo dell’intera filiera avicola. Il Veneto intende svolgere un ruolo di capofila nella difesa e nella riqualificazione dell’intero comparto, a tutela del potenziale produttivo dell’avicoltura regionale che, con quasi 300 milioni di capi tra polli, tacchini e galline ovaiole, contribuisce in maniera determinante all’autosufficienza nazionale”. (Comunicato Regione Veneto)
COLDIRETTI VENETO AL TAVOLO DI CRISI: RIDISEGNARE IL SETTORE
“Ogni anno gli avicoltori veneti perdono milioni di euro per focolai che si accendono sul territorio, è ora di ridisegnare il settore: l’aviaria non è più un imprevisto, occorre un minimo di programmazione nella gestione del settore oltre che una previsione anche in fase di bilancio”. Coldiretti è stata chiara oggi al tavolo di crisi convocato dagli assessori competenti per l’Agricoltura Giuseppe Pan e Sanità Luca Coletto. “Le misure adottate, fino ad ora sono precauzionali – ha spiegato il direttore regionale Pietro Piccioni – ma vanno considerati anche danni indiretti legati al divieto di accasamento dei capi. L’avvio di un nuovo ciclo produttivo determina un fermo dell’allevamento che ha ripercussioni pesanti sul reddito delle imprese e sull’indotto”. Secondo Coldiretti gli investimenti sul benessere animale e su altri aspetti ambientali sono stati importanti per ogni singolo allevatore tanto che in Veneto l’avicoltura è considerata d’avanguardia viste le numerose strutture altamente tecnologiche e sostenibili dal punto di vista dell’ecosistema. “Si attivino quindi i fondi necessari – ha incalzato Piccioni – perchè il perdurare di questa situazione rischia di mettere in ginocchio un comparto di punta già provato da eventi epidemici nel passato dai quali ha sì saputo risollevarsi, ma continua ad essere esposto a ricadute a causa di dinamiche biologiche incontrollabili. Non si può trattare la questione come evento straordinario, proprio per questo è giusto provvedere ad una revisione nella gestione tecnico sanitaria del supportata con l’utilizzo di risorse adeguate e ben mirate” (Comunicato Coldiretti Veneto)
6 settembre 2017