Il più “temuto” dagli scienziati per il rischio che possa diventare l’animale intermedio è il maiale, ma desta preoccupazione la notizia che ai mammiferi selvatici contagiati dall’influenza aviaria si sia aggiunto il topo. Il dipartimento dell’Agricoltura degli Usa ha comunicato che la presenza del virus è stata confermata in undici esemplari in New Mexico, uno dei dieci stati in cui sono state rilevate positività nei bovini da latte. A preoccupare è il fatto che i topi sono ubiqui, vicini all’uomo e la diffusione del virus in questa specie renderebbe difficilmente controllabile l’epidemia.
Cresce il numero di Stati in cui sono state confermate i contagi nelle mucche a Texas, Kansas, Idaho, New Mexico, Ohio, Michigan, Colorado, Sud Dakota, North Carolina, Iowa si è aggiunto il Minnesota. Il Board of Animal Health dello stato del Nord ha fatto sapere che nel fine settimana scorso più di 40 mucche appartenenti a una mandria nella contea di Benton ha manifestato i segni dell’infezione. I test hanno confermato la presenza del virus A/H5N1. “Sapevamo che era solo una questione di tempo prima che raggiungesse la nostra porta di casa”, ha detto il capo dei servizi veterinari dello Stato, Brian Hoefs.
A oggi complessivamente il numero di mandrie infettate dal virus si avvicina a 90. La Food and Drug Administration nelle ultime ore ha indirizzato una lettera alle autorità sanitarie statali e locali per invitare ad alzare il livello di attenzione sul latte crudo. “Sebbene il commercio tra gli Stati di latte crudo per il consumo umano sia vietato sotto l’autorità della Fda, sappiamo che diversi Stati consentono la vendita al loro interno”, sottolinea l’agenzia, che invita a informare i cittadini sui rischi derivanti dal consumo. Anche perché gli scienziati in una lettera New England Journal of Medicine hanno informato che i topi “nutriti” con il latte crudo hanno sviluppato gravi sintomi della malattia.
Sono ancora in corso invece le indagini per stabilire come un uomo di 59 anni è morto per un virus aviario gemello – l’A/H5N2 – in Messico possa essersi infettato. Il paziente, affetto da altre patologie, aveva cominciato a manifestare febbre, mancanza di respiro, diarrea, nausea e malessere generale. Dopo una una settimana era stato ricoverato all’Istituto Nazionale di Malattie Respiratorie “Ismael Cosio Villegas” di Città del Messico, dove era morto lo stesso giorno a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni. Solo il 23 maggio il caso è stato notificato all’Oms. Al momento resta ignota anche la fonte del contagio, ma non risulta, però, che l’uomo abbia avuto contatti con animali noti per essere portatori del virus. Per questo proseguono le indagini sui contatti.
Il Fatto Quotidiano