Il Sole 24 Ore. La ventesima edizione di Cibus, la fiera internazionale del settore alimentare, si è aperta ieri sotto i migliori auspici: la produzione made in Italy chiuderà il 2021 con un fatturato di 154 miliardi di euro, ben l’8% in più rispetto all’anno precedente. Dopo l’exploit dell’export, che si appresta entro dicembre a sfondare il fatidico tetto dei 50 miliardi di euro, questa è la seconda buona notizia per gli operatori di un comparto che si è ritrovato ieri a Parma dopo mesi di pandemia, alla prima grande fiera internazionale non solo per il settore, ma anche per il Paese. Nonostante le 2mila imprese presenti e i 40mila operatori attesi da qui a venerdì, questo Cibus resta un’edizione dimagrita rispetto al solito. Ma tra gli stand, seppur meno affollati, si respira grande voglia di rincontrare clienti e distributori, vecchi e nuovi.
Una grande alleanza
Sottostante a ogni discorso fatto nei corridoi di Cibus, inutile dirlo, ci sono i fondi che il Pnrr porterà al settore e come verranno distribuiti. Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, per esempio è preoccupato: «Agosto è stato un mese di discussioni, ora dal governo mi aspetto concretezza. Le aziende vogliono fatti». Anche per questo, Giansanti si dice pronto a costruire «una grande alleanza di tutta la filiera agroalimentare nazionale». Una sirena, questa, che non sembra lasciare indifferente Federalimentare: «Siamo pronti a collaborare con tutto il mondo agricolo, nessuno escluso». Nemmeno Coldiretti, presente quest’anno a Cibus con il suo presidente, Ettore Prandini, che ieri ha avuto anche un incontro privato con Carlo Bonomi. E che si dice ottimista sui fondi del Pnrr in arrivo al settore agroalimentare: «I finanziamenti diretti ammontano per ora a 7 miliardi di euro, ma sommati a quelli indiretti si arriva a 20 miliardi. Mi riferisco ai fondi per le infrastrutture, fondamentali per rilanciare la competitività del cibo made in Italy: non tanto le autostrade, quanto piuttosto nuovi porti, le piattaforme logistiche, l’alta velocità merci. E poi ci sono i piani per le bonifiche, per i bacini idrici, per il fotovoltaico».
I rincari dei prezzi
Sul rincaro dei prezzi al consumatore finale evocato da Federalimentare, però, la Gdo non ci sta: «L’inflazione da costi è una iattura – sostiene il presidente di Coop Italia, Marco Pedroni – ma se aumentassimo i prezzi la domanda interna subirebbe un duro colpo». «E i consumi interni – ha ricordato provocatoriamente Francesco Pugliese, ad di Conad – valgono molto di più dei 50 miliardi di export». L’incognita dei consumi interni preoccupa anche Alberto Frausin, presidente di Federdistribuzione: «Ormai rappresentano il 22% del Pil e scendono da anni. Nonostante la tenuta durante il Covid, siamo ancora sotto i livelli del 2007». Che la sostenibilità sia un tema sul piatto, infine, lo ha ricordato anche Fabio Pompei, ad di Deloitte Italia: «Il 45% dei consumatori è interessato ai prodotti locali e sostenibili, anche a fronte di una spesa più elevata».