L’indagine Istat sui consumi vede una spesa media di oltre 2900 euro contro i 1630 della Sicilia. Il Friuli al decimo posto, con 2590 euro. Cara vita, quanto mi costi: in Veneto praticamente il doppio che in Sicilia. Lo rileva l’indagine sui consumi elaborata dall’Istat in base alla spesa media mensile delle famiglie. Il Veneto con 2.903 euro al mese si posiziona al secondo posto dopo la Lombardia (3.033) per la spesa più alta. Il Trentino è al terzo posto (2.855), seguito da Emilia Romagna (2.770) e Piemonte (2.705). Il Friuli Venezia Giulia è al decimo posto con 2.594 euro. Al Sud si spende molto meno. In Sicilia, ultima nella classifica, 1.637 euro; in Basilicata 1.898, in Calabria 1.904, in Sardegna 1.921 e in Campania 1.944.
Valori che ripropongono la questione del diverso costo della vita tra settentrione e mezzogiorno, con il Nordest ai vertici per l’aumento del carovita dal dopoguerra ad oggi.
Una famiglia su tre nel 2011 ha ridotto la spesa per generi alimentari e crescono le code alle casse degli hard-discount. Sulla carta la spesa media delle famiglie è stabile, a 2.488 euro al mese, ma l’aumento dei prezzi fa sì che per far quadrare i bilanci si rinunci anche a riempire il frigorifero. Il 35,8 per cento delle famiglie dichiara di aver diminuito la quantità o la qualità dei prodotti alimentari acquistati rispetto all’anno precedente: tra di esse, il 65,1% dichiara di aver ridotto solo la quantità mentre nel 13,3 dei casi diminuisce anche la qualità.
La Coldiretti fa presente che nei supermercati è “slalom” tra gli sconti per 6 italiani su 10 a caccia di offerte speciali tra i vari scaffali, mentre la metà dei consumatori (49 per cento) fa addirittura la spola tra diversi negozi per confrontare i prezzi più convenienti. In base ai dati elaborati da Coop Italia per Coldiretti, non c’è solo meno carne nel piatto degli italiani (e comunque è addio al costoso filetto, con il 43 per cento degli italiani che si rivolgono a tagli meno pregiati) ma anche meno pesce (-3 per cento) e ortofrutta (-3), mentre salgono gli acquisti di pane (+3) e quelli di pollo (+1).
Tra il 2010 e il 2011 risultano in calo le spese destinate all’abbigliamento e alle calzature, da 142 euro a 134 euro, e si riduce anche la spesa destinata all’acquisto di arredamenti, elettrodomestici, servizi per la casa. Nei budget si tagliano anche libri, giornali, viaggi e cinema. Crescono invece, anche per effetto dell’aumento dei prezzi, le quote di spesa destinate all’abitazione (dal 28,4 al 28,9 per cento) e ai trasporti (dal 13,8 al 14,2 per cento).
La Confesercenti regionale vede nero: «Nei primi mesi del 2012 – afferma Maurizio Franceschi – in Veneto c’è stato un calo della spesa dell’8 per cento. Nel 2012 possiamo parlare apertamente di recessione – commenta Franceschi – Continua la crisi economica e ci conferma il suo peso nei consumi. Nei primi mesi di quest’anno non è calata solo la spesa del settore no-food, ma anche quella per i generi alimentari e le bevande. Il risultato del 2011 era positivo rispetto all’anno precedente perché il calo di spesa nella piccola distribuzione veniva compensata dal risultato della grande distribuzione. Da quest’anno sono tutti sotto».
Gazzettino – 7 luglio 2012