Quando finirà? Ormai anche i geologi hanno finito le rassicurazioni. «Questo andamento scuote i nervi. Ma gli Appennini sono così. Danno sequenze che possono durare molto a lungo, e noi un limite alle scosse non possiamo fissarlo» allarga le braccia Antonio Piersanti, fisico dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv). «La sequenza di ieri ci lascia col fiato sospeso» aggiunge però Gianluca Valensise, che all’Ingv è dirigente di ricerca. «Le prime tre scosse forti sembravano soldatini in fila, in marcia da nord-ovest a sud-est. Poi la quarta ha piegato più a sud».
E più a sud, verso L’Aquila, c’è una zona che finora è stata quasi risparmiata dalle scosse. Un frammento di faglia che potrebbe forse essere rimasto in bilico, mentre tutt’intorno gli altri crollavano. Qui — ma nessuno può saperlo con certezza — si teme che la terra sia ancora in tensione. «Ci sentiamo di dire che più a sud di Pizzoli la sequenza non andrà. L’Aquila nel 2009 ha esaurito tutta l’energia» spiega Valensise. «Ma manca ancora un tratto di 10-15 chilometri verso sud-est. E questo aumento dell’attività non ci lascia tranquilli».
È allerta massima. Ma il maltempo mette in difficoltà anche le stazioni sismiche. In un raggio di venti chilometri dagli epicentri di ieri ce ne sono quattro funzionanti e tre guaste. Colpa della neve, che ricopre i pannelli solari che alimentano le batterie. Ieri le strade interrotte non hanno permesso di andarle a liberare. Ci riproveranno oggi i tecnici di Sismiko, un gruppo di emergenza dell’Ingv, che comunque ha dati in abbondanza per monitorare la situazione Da quel 24 agosto 2016 in cui la sequenza è iniziata ad Amatrice, l’Istituto ha contato più di 40mila terremoti. Seicento chilometri quadri di superficie ne sono rimasti sconvolti. Eppure, potrebbe non essere ancora finita. «Questa è una delle sequenze più grandi degli ultimi decenni» spiega Piersanti. «L’energia liberata è paragonabile a quella dell’Irpinia nel 1980. Ma se lo stillicidio delle scosse può essere snervante, pensiamo a che catastrofe sarebbe avvenuta, se tutta l’energia della terra si fosse liberata in un’unica, enorme scossa».
L’energia sottoterra: quanta ne è rimasta? La risposta è oggetto solo di speculazioni. «Ipotizziamo che dove un sisma ha colpito di recente, più difficilmente lo farà di nuovo» ragiona Alessandro Amato, dirigente di ricerca dell’Ingv. «Ma chi ci dice che sia veramente così? Anche dopo le scosse forti del 24 agosto e del 26 ottobre pensavamo che forse sarebbe finita lì. Invece il 30 ottobre è arrivato il terremoto più forte, quello di magnitudo 6.5. E proprio su parte delle due faglie già colpite».
Liberare gli strumenti dalla neve, rafforzare i turni in sala sismica e intensificare i bollettini per la Protezione Civile restano le priorità per l’Ingv. «Da agosto è così» spiega Valensise. «Se siamo stanchi? Non importa. Possiamo solo andare avanti».
Repubblica – 19 gennaio 2017