Si è concluso in tribunale a Rovigo il processo sui “bovini dopati” che aveva visto l’incriminazione di allevatori, mediatori e alcuni veterinari all’epoca in servizio all’Ulss 19 di Adria. L’inchiesta della procura di Rovigo si riferisce a fatti accaduti tra il 2005 e il 2006. Al centro delle contestazioni i trattamenti ai bovini da carne con sostanze proibite e potenzialmente pericolose per la salute pubblica praticati da allevatori del Delta del Po, della Bassa Padovana e del Ferrarese, con la compiacenza di alcuni veterinari il cui ruolo sarebbe stato quello di fare in modo che questa situazione non emergesse, commettendo anche gravi irregolarità nei controlli e nei campionamenti. Il processo arriva a sentenza con grande ritardo, dopo lo stralcio per competenza territoriale di alcune posizioni, e quando ormai parte delle contestazioni sono cadute per l’intervenuta prescrizione. Quattro le condanne inflitte mercoledì pomeriggio dai giudici del Collegio rodigino, con pene che vanno dai due ai quattro anni.
Due anni con la sospensione condizionale per il titolare di un’azienda agricola bassopolesana. Pene più severe per gli allora dipendenti dell’Ulss 19, che si era poi costituita parte civile contro di loro. L’ex responsabile del settore igiene degli allevamenti dell’Usl adriese, considerato il fulcro della vicenda, è stato condannato a quattro anni e all’interdizione dai pubblici uffici per cinque, oltre che a una provvisionale di 70mila euro. Due anni e sei mesi, una interdizione dai pubblici uffici pari alla durata dalla pena e una provvisionale di 30mila euro, invece, per falso ideologico, a un altro veterinario, all’epoca convenzionato, cui erano contestati campionamenti non in regola. Infine un terzo veterinario adriese è stato condannato, sempre per falso ideologico, a tre anni e tre mesi, con una interdizione dai pubblici uffici di cinque anni e una provvisionale di 20mila euro per certificazione non veritiera. Sembrano scontati i ricorsi in appello delle difese, ma le provvisionali in favore dell’Ulss 19 sono immediatamente esecutive.
L’inchiesta sui “bovini dopati” rappresenta una delle vicende più allarmanti che abbiano investito la sanità veterinaria veneta negli ultimi anni, sia per la materia trattata, l’adulterazione alimentare, che per il coinvolgimento di dipendenti del servizio pubblico. Il Sivemp Veneto in questi anni ha sempre manifestato piena fiducia nel lavoro della magistratura. Era stata proprio la segreteria regionale del Sindacato dei veterinari pubblici, peraltro, a segnalare per prima, anche per iscritto alla direzione dell’Ulss, l’illiceità di alcuni comportamenti, i pesanti conflitti di interesse e le incompatibilità all’interno dei servizi veterinari adriesi in quell’epoca.
A cura del Sivemp Veneto – 19 febbraio 2016