L’inchiesta della polizia provinciale che ha permesso di scoprire il comportamento illecito dei 5 cacciatori. Le tappe di un’inchiesta lunga un anno tra la vallata dell’Agno e Crespadoro per individuare il metodo per aggirare i controlli
Valdagno. Un anno di indagini e di verifiche da parte dei guardacaccia provinciali per incastrare cinque cacciatori della zona di Recoaro e Valdagno dediti al bracconaggio. Sul pascolo di Monte Marana avevano orchestrato una postazione elettronica che aveva il compito di segnalare l’avvicinarsi di altre persone, che potevano interferire nell’attività di bracconaggio, con l’aiuto dell’elettronica. Si è trattato di una ottima operazione di tutela del territorio e della fauna selvatica, messo a segno dalla Polizia provinciale. Nel dare il resoconto, i guardiacaccia hanno raccontato «che oltre un anno fa avevano iniziato a tenere d’occhio quella zona il cui versante di malga Rialto, scende come un piano inclinato verso la frazione di Castelvecchio. La gente del posto aveva iniziato a dire che in quei capanni c’era qualcosa che non andava. Gli stessi bracconieri dichiaravano che quelle postazioni di caccia erano sicure e fuori dalla facile ispezione della polizia provinciale». Si trattava di un posto riservato e difficilmente accessibe, così ritenevano i bracconieri, che era servito da un sintema elettronico attraverso un cavo di circa 200 metri. Il sistema trasmetteva il segnale luminoso e acustico ai cacciatori appostati nel capanno, che avevano così il tempo di nascondere ciò che non era legittimo a cominciare dall’apparato elettronico, così come alcuni richiami elettroacustici, che come è risaputo sono proibiti. I bracconieri avevano sfruttato il fatto che la zona è tutta recintata con filo spinato per impedire al bestiame di vagare o di allontanarsi troppo.
Il giornale di Vicenza – 5 novembre 2012