Il governatore veneto Luca Zaia (foto) giudica «raccapriccianti» i dati sulla disoccupazione dell’Istat: «Si parla di equità, rigore e crescita, di fase uno, due e tre; ma siamo fermi al punto zero e io incontro imprenditori che mi dicono che o chiudono o se ne vanno dall’Italia con l’impresa. Se qualcuno pensa che questa sia demagogia venga da me che li accompagno ad incontrarli».
Zaia sollecita agevolazioni e semplificazioni fiscali per le piccole imprese turistiche a dimensione familiare: «Il Veneto ha circa 400 mila unità abitative ad uso turistico. Se è vero che si vuol far emergere il “nero”, come si può non pensare che l’affitto ad uso turistico in una regione come la nostra che fa 63 milioni di presenze potrebbe essere ricondotto ad una cedolare secca?». Infine, la richiesta di una modifica della legge fallimentare: «Ci sono imprenditori che usano come prassi la strada del concordato preventivo e liquidano i creditori magari con il 10% del valore che avanzano, è semplicemente delinquenziale».
Il mercato del lavoro veneto segna, nel primo trimestre del 2012, il più alto tasso di disoccupazione dall’inizio della crisi: 6,3%. «Certo la distanza dal valore medio nazionale resta di 4,6 punti percentuali» commenta Sergio Rosato, direttore di Veneto Lavoro, «ma il dato è in peggioramento». Non c’è, dunque, di che consolarsi. L’impatto occupazionale della crisi, dopo i timidi segnali in controtendenza della prima parte del 2011, torna a farsi pesante. In Veneto, secondo la rielaborazione dei dati Istat di Veneto Lavoro, le persone in cerca di occupazione sono 144mila, in crescita di 17mila unità rispetto all’ultima parte dello scorso anno. A questi vanno aggiunti i 118mila inattivi comunque alla ricerca di lavoro, ovvero quelle persone disponibili a lavorare ma solo a determinate condizioni (part time, vicino a casa o solo con una certa qualifica). Conteggiando anche queste persone, che sono comunque in età lavorativa, il tasso di disoccupazione veneto sale al 10,9%. La situazione non pare certo destinata a migliorare. «Il primo trimestre dell’anno» spiega Rosato, «è, solitamente, il periodo più dinamico dell’anno». Rispetto al primo trimestre 2011, gli occupati in Veneto hanno registrato un incremento di 7mila unità, ma se si guarda agli ultimi tre mesi dell’anno scorso i numeri sono stabili. «Contrariamente a quanto accaduto negli anni precedenti, la domanda di lavoro vive una fase di staticità» analizza Rosato. Fase pericolosa, perché all’orizzonte c’è un aumento dei licenziamenti del 3%: oltre 13.700 quelli registrati da Veneto Lavoro tra gennaio e aprile. «Anche alla luce dei processi di ristrutturazione ante-crisi» osserva Rosato sulla possibile evoluzione della domanda di lavoro in Veneto, «risulta evidente che in regione ci si posizionerà su un assetto occupazionale più basso rispetto al passato». Le uniche chance di recupero, essendo poco probabile uno “stimolo” dell’occupazione attraverso la domanda pubblica, con creazione di nuovi posti, «sono legate al manifatturiero che esporta e al turismo. Solo attraverso l’export e un aumento dei consumi interni si può creare nuova domanda di lavoro». Quanto ai possibili impatti della riforma del mercato del lavoro, Rosato è pessimista. «Premettendo che i posti di lavoro non si creano con le riforme, va detto che non nutrendo grandi attese per questa riforma non sarò tra quelli che rimarranno delusi dai suoi effetti». L’impatto, dice il direttore di Veneto Lavoro, «sarà irrilevante». Per quanto riguarda la flessibilità in uscita, «partendo da assunti sbagliati la riforma non agevolerà la creazione di nuova occupazione. C’è già abbastanza flessibilità in uscita, non è questo il problema. Quanto all’apprendistato, è auspicabile che ce ne sia un po’ di meno, visto che è stato usato anche in modo scorretto, ma più di qualità».
IL Mattino di Padova – 2 giugno 2012